Sent. n. 30/2015 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA BASILICATA
composta dai seguenti Magistrati:
Dott. Maurizio TOCCA Presidente
Dott. Vincenzo PERGOLA Consigliere relatore
Dott. Giuseppe TAGLIAMONTE Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di responsabilità iscritto al n. 8141 del Registro di Segreteria, ad istanza
della Procura regionale presso questa Sezione nei confronti di DI MAURO Gabriele,
nato a Tramutola (PZ) il 20/08/1941 C.F.: DMRGRL41M20L326O, rappresentato e difeso dagli avv.ti MATTEO PUGLIESE
Francesco , TOMASSETTI Domenico e FALCO Fabio ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avv. MATTEO PUGLIESE
Francesco sito in Potenza in P.zza Mario
Pagano n. 118; FRESCHI Andrea, nato
a Napoli il 05/12/1959 C.F.:
FRSNDR59T05F839U, rappresentato e difeso dall’avv. BASILE Pietro ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza in P.zza Mario
Pagano n. 8; COLANGELO Rocco, nato
ad Avigliano (PZ) il 18/05/1946 C.F.: CLNRCC46E18A519J, rappresentato e difeso dall’avv. FERRARA Domenico
Antonio ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza in Via della Tecnica n. 24; TARDI Luigi, nato ad Acerra
(NA) il 02/03/1929 C.F.: TRDLGU29C02A024Q, rappresentato
e difeso dall’avv. BUSCICCHIO Giuseppe ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. PEDOTA Gerardo sito in
Potenza in Corso Garibaldi n. 32; ALBANO
Paolo Antonio, nato a Potenza il 07/01/1949 C.F.: LBNPNT49A07G942V, rappresentato e difeso dall’avv. ALBANO Antonia
ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza in Via
Vaccaro n. 9; PELLEGRINO Andrea, nato
a Venosa (PZ) il 29/11/1956 C.F.: PLLNDR56S29L738D, rappresentato e difeso dall’avv. BUSCICCHIO Giuseppe ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. PEDOTA Gerardo sito in Potenza in
Corso Garibaldi n. 32;
Visto l’atto introduttivo del giudizio ed esaminati tutti
gli altri atti e documenti della causa;
Uditi,
nella pubblica udienza del 21 aprile 2015,
con l’assistenza del Segretario dott. Angela Micele, il relatore dott.
Vincenzo Pergola, il Pubblico
Ministero nella persona del Procuratore Regionale
dott. Michele Oricchio
e gli avv.ti Tomassetti, Ferrara (anche
su delega dell’avv. Basile), Buscicchio ed Albano per i convenuti;
Ritenuto in
FATTO
Riferisce la Procura contabile che
a seguito di plurime
segnalazioni di episodi di cattiva gestione delle funzioni amministrative e
delle coerenti risorse economiche attribuite all’ARBEA (Agenzia Regione Basilicata
erogazioni in agricoltura), concentrava l’attenzione sulle vicende relative
alle c.d. P.O.C. (posizioni organizzative complesse) ed in particolare
all’erogazione dell’indennità di risultato liquidata ai titolari delle stesse;
pertanto conferiva delega istruttoria alla Guardia di Finanza, Nucleo Polizia
Tributaria di Potenza, che riferiva sugli accertamenti svolti con rapporto n.
942 del 2.2.2013, versato in atti.
Nel ricostruire la vicenda per cui è causa, l’attore
premette che l’ L’ARBEA è un organismo strumentale della Regione Basilicata –
istituito con l. regionale n. 15/2001, modificata con l.r. n. 14/2005 –
deputato, tra l’altro, all’istruttoria delle domande di pagamento a favore
degli operatori agricoli lucani, nel quadro dei regolamenti comunitari di
settore, ed al pagamento dei previsti contributi, fino a quando il Ministero
delle Politiche agricole e forestali, con decreto n.5166 del 12.05.2010,
dispose la revoca della funzione di organismo pagatore.
Il Direttore di ARBEA è designato dal Consiglio
Regionale, su indicazione della Giunta, e, tra i suoi compiti, vi è anche
quello di conferire le “posizioni
organizzative complesse” (POC) previste dall’art.8 del Contratto Collettivo
Nazionale del Lavoro del Comparto Regioni – Autonomie Locali del 31.03.1999; le
POC sono incarichi conferiti al personale inquadrato nell’area “D” per lo
svolgimento di attività che implicano elevate capacità culturali e
professionali, elevato grado di esperienza, nonché autonomia gestionale e
organizzativa, che comportano l’attribuzione una retribuzione stabilita dallo
stesso contratto innanzi richiamato (art.10), con una retribuzione di
posizione, corrisposta in 13 mensilità, ed una di risultato fissata in una
percentuale dal 10% al 25% della retribuzione di posizione: quest’ultima viene
corrisposta solo nel caso di valutazione positiva effettuata dal dirigente in
uno al nucleo di valutazione.
Riferisce, in particolare, il Requirente che in seno
all’ARBEA le POC risultano introdotte con decreto n.9 del 25/01/2007 del Direttore
dell’epoca, Dott. Gabriele Di Mauro, che poi, “con i decreti dal n.27 al n.35 del 06/08/2008 provvedeva alla
liquidazione della retribuzione di risultato per l’anno 2007 per i titolari di
posizione organizzativa.
Analogamente
avveniva per l’anno 2009…..
Con decreto
n.65 il direttore p.t. provvedeva altresì all’attribuzione delle indennità di
risultato per l’anno 2010”.
Successivamente, Andrea Freschi - subentrato nella
gestione dell’Agenzia regionale, dal giugno 2010 come Commissario Straordinario
e da novembre 2010 a febbraio 2012 come Direttore - provvide alla liquidazione
dell’indennità di risultato relativa all’annualità 2010, ai titolari di POC,
con decreto n. 87 del 5.5.2011.
L’indennità di cui trattasi relative alle annualità 2011
e 2012 sono state liquidate rispettivamente con decreti n. 70 del 10.5.2012 e
n. 47 del 16.4.2013 da Rocco Colangelo, che ha svolto la funzione di
Commissario Straordinario dell’ARBEA da marzo 2012 e di Direttore dal 2.5.2012.
Su specifica richiesta istruttoria del P.M. contabile,
l’Arbea ha provveduto a comunicare l’entità delle indennità di risultato
corrisposte alle POC negli anni dal 2008 al 2013 (con riferimento al periodo
2007 2012), riportata nel seguente prospetto:
|
ANNO
2008
(x 2007)
|
ANNO 2009
(x2008)
|
ANNO 2010
(x2009)
|
ANNO 2011
(x2010)
|
ANNO 2012
(x2011)
|
ANNO 2013
(x2012)
|
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Cognome
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Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Importo annuo indennità di
risultato PO
|
Totale
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|
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CLAPS
|
€ 3.043,70
|
€ 3.043,69
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€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€18.262,15
|
NEVOLA
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
|
|
|
|
€ 5.415,80
|
PICARDI
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€16.247,40
|
ROMEO
|
€ 3.043,70
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€18.262,15
|
TUTINO
|
€ 3.043,70
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€ 3.043,69
|
€18.262,15
|
GIORGIO MARRANO
|
€ 1.750,00
|
€ 1.750,00
|
€ 1.750,00
|
€ 1.750,00
|
€ 1.750,00
|
€ 1.750,00
|
€ 8.750,00
|
SANTARSIERO
|
€ 2.707,90
|
€ 1.353,09
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|
€ 4.060,99
|
DILILLO
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€ 2.707,90
|
€16.247,40
|
LAROCCA
|
€ 1.448,13
|
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|
€ 1.448,13
|
COCOLA
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|
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€ 0,00
|
Totale
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€23.160,83
|
€20.357,86
|
€16.296,87
|
€16.296.87
|
€16.296,87
|
€16.296,87
|
€108.706,17
|
Secondo la tesi accusatoria, il suddetto complessivo esborso pari ad
€ 108.706,17, costituisce
un
danno
per le finanze
dell’Agenzia
regionale in
quanto sarebbe frutto di una illegittima corresponsione ad alcuni dipendenti di
un’importante voce accessoria della retribuzione in assenza dei presupposti di
legge e contrattuali che ne legano indissolubilmente la corresponsione alla
valutazione della professionalità dimostrata attraverso l’esame del grado di
raggiungimento degli obiettivi prefissati ulteriori e distinti dal regolare
espletamento delle mansioni alle quali si è assegnati; invece, presso l’ARBEA,
l’indennità di risultato risulterebbe essere divenuta - per le P.O.C. - una
voce fissa aggiuntiva della retribuzione in palese contrasto con ogni canone di
buona amministrazione e normativa di settore.
L’attore individua poi, quali fonti del suddetto danno,
le concorrenti condotte poste in essere dai direttori (o commissari)
succedutisi dal 2007 in poi, e nei componenti del nucleo di valutazione
dell’ARPAB (invariati nel periodo di riferimento) per avere posto in essere
attività commissive od omissive connotate da inescusabile negligenza della
normativa di settore nonché dei compiti rispettivamente affidati
nell’espletamento dell’incarico ricevuto, puntualizzando: “In particolare il Di Mauro , prima, il Freschi poi e - buon ultimo - il
Colangelo - nelle rispettive qualità di direttori o commissari - hanno
introdotto e mantenuto in vita un sistema di individuazione delle P.O.C. in
ARBEA scisso da precisi ed obiettivi requisiti tali da rasentare l’arbitrarietà
e, soprattutto, hanno consentito la corresponsione ai dipendenti rivestenti
tale qualifica di percepire consistenti indennità di risultato senza alcuna
previa predeterminazione degli obiettivi e, a consuntivo, valutazione del
raggiungimento degli stessi…. I direttori e/o commissari p.t. odierni convenuti
hanno con comportamento inescusabilmente negligente dei propri doveri di
garantire l’efficienza dell’amministrazione
affidata alle loro cure (e dell’utilizzo delle relative risorse
pubbliche) hanno sostanzialmente ignorato l’esigenza inderogabile di fissare ad
inizio di ogni anno obiettivi sostanziali da raggiungere per le P.O.C., diversi
ed ulteriori rispetto all’ordinario espletamento dei doveri d’ufficio ritenendo
sempre bastevoli negli anni semplici autorelazioni dalla cui lettura non si
evince, peraltro, alcun particolare risultato raggiunto in un ente che –
peraltro - è stato ripetutamente commissariato”.
Circa l’elemento soggettivo dell’invocata responsabilità
dei componenti del Nucleo di Valutazione (Tardi, Albano e Pellegrino), deduce
l’attore pubblico: “Tale grave
comportamento è stato, peraltro, sempre avallato dal nucleo di valutazione che,
formato sempre dagli stessi componenti nell’intero periodo attenzionato, da
ultimo anche in prorogatio - non ha mai sollevato rilievi a tale sistema come
sarebbe stato in suo dovere: la lettura dei verbali delle sedute dedicate alla
problematica delle indennità di risultato alle POC è assolutamente istruttiva e da essa si
evince che il nucleo ha sempre ritenuto sufficienti le auto relazioni dei
dipendenti rivestenti la qualifica di P.O.C., ai fini dell’espressione di
pareri favorevoli (obbligatori ma non vincolanti) alla liquidazione delle relative indennità di risultato, sempre
nella misura massima consentita…… In tale condotta si è concretizzato - ad
avviso di questo P.M. - un evidente comportamento omissivo gravemente violativo
degli obblighi di concreta valutazione che la legge e le norme contrattuali
assegnano a detti nuclei e che ne connotano la ragione giustificativa
dell’esistenza: i relativi componenti (Tardi, Albano e Pellegrino) appaiono
tanto più corresponsabili del danno qui ipotizzato in quanto sono stati in
carica per tutto il periodo di riferimento e - per oltre un quinquennio - non
risultano avere mai segnalato alcuna sia pur elementare criticità nel
funzionamento del meccanismo retributivo accessorio delle P.O.C. che da
premiale era stato trasformato dai direttori in fisso!”.
Per
quanto riguarda la ripartizione dell’addebito, specifica l’atto introduttivo
del giudizio: “Il danno ipotizzato come sopra
quantificato, maggiorato degli accessori di legge, all’esito dell’espletata
istruttoria va posto a carico dei direttori/commissari p.t. nella misura di due
terzi del totale in relazione ai provvedimenti di liquidazione da ciascuno
rispettivamente adottati e per il restante terzo ai componenti del nucleo di valutazione (in parti uguali), come
da sottoestesa specifica…..
Il danno che ne è conseguito pari ad € 108.706,17 oltre
accessori di legge, va così addebitato:
DI
MAURO Gabriele: € 39.877,04.
FRESCHI
Andrea: € 10.864,58
COLANGELO
Rocco: € 21.729,16
TARDI
Luigi: € 12.078,46
ALBANO
Paolo Antonio: € 12.078,46
PELLEGRINO
Andrea: € 12.078,46”.
Pertanto l’attore
pubblico ha concluso affinchè gli odierrni convenuti siano condannati al
pagamento in favore dell’ARBEA della somma complessiva di €.108.706,17,
ripartita come innanzi specificato, maggiorata degli accessori di legge e spese
di giustizia.
In difesa del dott.
Di Mauro si sono costituiti in giudizio gli avv. Matteo Pugliese, Basile e
Falco, depositando il 18.6.2014 memoria nella quale innanzitutto eccepiscono la
prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno relativo
all’indennità riferita all’anno 2007, in quanto il pagamento è stato disposto
con decreti direttoriali nn. 27/35 del 9.5.2008, e l’invito a dedurre è stato
notificato il 31.7.2013. Nel merito i difensori ha dedotto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla
procura contabile, nella fattispecie all’esame non vi era alcun bisogno di determinazione
annuale degli obiettivi, “poiché contenuti nei Regolamenti comunitari che si
applicano direttamente all’ARBEA”.
La difesa ha poi
chiesto che sia dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria relativa
all’indennità riferita all’anno 2008, per violazione degli artt. 163 e 164
c.p.c e degli artt. 1 e ss del R.D. n. 1038/1933; evidenzia al riguardo che da
parte dell’attore non viene indicato alcun atto, alcun comportamento, alcun
pregiudizio oltre alla laconica frase riferita all’anno precedente “analogamente avveniva per l’anno 2009”.
Il difensore si è poi dilungato ad evidenziare come nella fattispecie non
sussista sia l’elemento soggettivo della colpa grave, sia un nesso di causalità
tra il comportamento del dott. Di Mauro e l’eventuale danno, in quanto il
Direttore pro tempore si è limitato ad approvare le proposte dei Dirigenti in
presenza di un parere favorevole del Nucleo di valutazione, e quanto innanzi
rileva anche per l’applicazione della c.d. esimente politica prevista dall’art.
1, comma 1 ter, della l.n. 20/1994, secondo la quale sono esenti da
responsabilità gli organi politici che abbiano approvato in buona fede atti
degli uffici tecnici o amministrativi. Pertanto la difesa ha concluso in via
principale per il rigetto dell’avversa domanda, chiedendo in subordine
l’applicazione del c.d. “potere riduttivo”.
In difesa del
dott. Freschi si è costituito in giudizio l’avv. Basile, depositando in data
18.6.2014 memoria nella quale sostiene che nei confronti del suo assistito
difetta sia l’elemento soggettivo che quello oggettivo dell’invocata
responsabilità. In particolare, ha dedotto la legittimità del provvedimento con
il quale il suo assistito ha disposto la corresponsione dell’indennità di
risultato, considerato che l’art. 10 del CCNL all’epoca vigente, imponeva
soltanto una valutazione dei risultati raggiunti, che non implica
necessariamente una predeterminazione degli obiettivi, ma può comunque essere
svolta con un’analisi a consuntivo dell’attività svolta. Il difensore si è poi
dilungato ad evidenziare il difficile contesto nel quale il suo assistito ha
svolto l’incarico prima di commissario e poi di Direttore; infatti il 2010 è
stato l’annus horribilis per l’Arbea, nel quale sono state revocate le funzioni
di organismo pagatore, ha perso in data 20 dicembre ben tre dirigenti, ed ha
dovuto perseguire il risultato di “scongiurare
il paventato rischio di disimpegno automatico connesso all’applicazione della
regola comunitaria dell’n+2” (disimpegno automatico delle risorse
economiche non tempestivamente utilizzate); risultato, quest’ultimo, poi
effettivamente conseguito, come si evince dalla depositata relazione dell’Assessore regionale all’Agricoltura
al Consiglio regionale nella seduta del 18.1.2011. Dopo aver evidenziato che il
suo assistito ha assecondato le legittime aspettative dei dipendenti, sulla
base degli ottimi risultati conseguiti nel periodo di riferimento, e
conformemente al parere espresso dal Nucleo di Valutazione, così che non è
ipotizzabile nei suoi confronti la sussistenza sia dell’elemento soggettivo che
quello oggettivo dell’invocata responsabilità, il difensore ha concluso per il
rigetto dell’avversa domanda, invocando in subordine l’applicazione del c.d.
“potere riduttivo”.
Nell’interesse
del dott. Colangelo si è costituito in giudizio l’avv. Ferrara, depositando in
data 18.6.2014 memoria nella quale innanzitutto formula rilievi critici alla
impostazione puramente formale della tesi accusatoria, in quanto tutta formata
sulla necessità del confezionamento preventivo di determinati obiettivi,
tralasciando la legittima possibilità di constatare comunque a consuntivo i
risultati prestazionali conseguiti, non identificabili né sovrapponibili con
l’ordinaria attività dell’Ufficio. Il difensore ha poi sottolineato che negli
anni riferibili alla direzione del dott. Colangelo – comunque caratterizzati
dal noto stato di crisi dell’Agenzia, che aveva l’obbiettivo strategico di
evitare il disimpegno delle somme non tempestivamente utilizzate – sono stati
puntualmente soddisfatti sia gli oneri di natura formale , in tema di
individuazione degli obiettivi, sia gli adempimenti valutativi di natura
sostanziale, tesi alla verifica del conseguimento di determinati risultati
prestazionali. Infatti, con riferimento all’annualità 2011, gli obiettivi erano
stati assegnati a ciascun titolare di POC dal precedente Direttore (come
risulta dalle depositate e-mail del 1.7.2011), ed il dott. Colangelo,
insediatosi nella carica soltanto a metà dell’anno successivo, non ha potuto
far altro che portare a termine un procedimento che non evidenziava profili di
irregolarità.
L’attenzione da
parte della Direzione dell’ARBEA in materia valutazione del personale emerge
ancora più nettamente con riferimento al procedimento relativo all’annualità
2012, “quando, dopo aver confermato gli
obiettivi già stabiliti per l’anno precedente sino ad una loro eventuale
riformulazione e/o aggiornamento (cfr nota prot. 2012-0002532 dell’8 maggio
2012….) il nuovo direttore dell’Agenzia , di intesa con il Nucleo di
valutazione … ha prodotto uno sforzo specifico di perfezionamento degli
strumenti e dei metodi di valutazione delle performances individuali…”; in
tale contesto il dott. Colangelo provvedeva poi ad una puntualizzazione degli
obiettivi assegnati a ciascuna POC con nota n. 7728 del 12.11.2012. La difesa
ha pertanto concluso in via principale per il rigetto dell’avversa domanda,
invocando in subordine l’applicazione del c.d. “potere riduttivo” che tenga
conto del concorso causale al danno di coloro che avrebbero indebitamente
percepito la retribuzione di risultato, non evocati in giudizio dall’attore.
In difesa del
dott. Tardi e del rag. Pellegrino (rispettivamente Presidente e componente del
Nucleo di Valutazione) si è costituito in giudizio l’avv. Buscicchio,
depositando distinte memorie in data 17.6.2014, ed in difesa del dott. Paolo
Antonio Albano (componente del Nucleo di Valutazione) si è costituito in
giudizio l’avv. Antonia Albano
depositando memoria in data 18.6.2014. I difensori hanno eccepito preliminarmente
l’avvenuta prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno
relativo all’annualità 2007, soffermandosi anche a negare valenza interruttiva
del decorso del relativo termine al c.d. “invito a dedurre” in quanto atto
preprocessuale. Hanno poi dedotto la piena legittimità dell’operato del Nucleo di Valutazione, che ha fatto corretta
applicazione dell’art. 10, comma 3, del CCNL 1999 che laconicamente prevede
l’attribuzione della retribuzione di posizione “a seguito di valutazione annuale”, espressione dalla latitudine
molto ampia, che non implica necessariamente una predeterminazione degli
obiettivi. I difensori si sono poi soffermato ad argomentare circa
l’inidoneità, sotto il profilo eziologico, delle valutazioni espresse dal
Nucleo di Valutazione ad incidere sulla eventuale produzione di un danno
erariale, atteso che, come ammesso dalla stessa Procura, sul punto il Nucleo è
chiamato ad emettere un parere obbligatorio ma non vincolante, per cui l’eventuale
responsabilità è eziologicamente collegabile ai decreti del Direttore,
competente alla erogazione dell’emolumento, che poteva, motivando, anche
disattendere il parere.
Circa le
singole annualità contestate, i difensori hanno sottolineato che per il 2012 ed
il 2011, il Nucleo ha espresso il proprio parere sulla base di obiettivi
predeterminati dai competenti Direttori, come si evince dai verbali delle
riunioni, mentre per quanto concerne le annualità precedenti – in cui l’Agenzia
ha operato in un contesto di grave difficoltà – la fissazione di obiettivi
gestionali ulteriori rispetto a quelli “istituzionali”, deve ritenersi in re
ipsa nell’assegnazione delle POC (c.d. atto implicito).
Le difese dei
componenti il Nucleo di Valutazione, dopo aver ribadito l’eccezione di parziale
prescrizione, hanno concluso in via principale perché i loro assistiti vengano
assolti dai contestati addebiti, chiedendo poi in via gradata l’applicazione
del potere riduttivo e che si tenga conto delle utilità comunque conseguite
dall’Amministrazione, ai sensi dell’art. 1, comma 1bis, della l.n. 20/1994.
All’esito della
precedente udienza del 14 luglio 2014, non ritenendosi la causa ancora matura
per la decisione, fu emessa l’ordinanza istruttoria n. 7/2014 al fine di
acquisire copia dei mandati con cui fu disposto il pagamento dell’indennità di
risultato relativa all’anno 2007, nonché copia dei CCDI (Contratto Collettivo
Decentrato Integrativo) del personale
non dirigente dell’ARBEA, sottoscritti dal 1999 al 2009.
Espletato il
suddetto incombente istruttorio, su istanza della Procura datata 13.11.2014, è
stata fissata l’odierna udienza per la prosecuzione del giudizio.
I difensori del
convenuto Di Mauro hanno depositato il 31.3.2015 memoria integrativa, nella
quale innanzitutto evidenziano che la documentazione acquisita in esecuzione
dell’ordinanza istruttoria ha confermato la fondatezza dell’eccezione di
prescrizione precedentemente sollevata con riferimento al danno relativo
all’anno 2007, considerato che anche il mandato di pagamento dell’indennità di
risultato (n. 309 del 21.5.2008) è stato emesso oltre cinque anni prima del
primo atto interruttivo della prescrizione quinquennale, da identificarsi nel
c.d. invito a dedurre, notificato il 31.7.2013. I difensori hanno poi ulteriormente
ribadito gli argomenti difensivi esposti nella precedente memoria di
costituzione e replica, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
All’odierna
pubblica udienza, il P.M. ha sostenuto che gli atti acquisiti in seguito
all’ordinanza istruttoria hanno confermato la fondatezza della tesi accusatoria
esposta in citazione, puntualizzando, circa l’eccezione di prescrizione
sollevata relativamente all’annualità 2007, che il fatto dannoso è emerso
soltanto con la trasmissione alla Procura contabile del rapporto della Guardia
di Finanza del 4/2/2013, non avendo avuto la Procura stessa precedenti notizie
dall’Amministrazione danneggiata.
I difensori dei convenuti, nell’intervento in udienza, hanno
ulteriormente illustrato gli argomenti svolti negli atti scritti
precedentemente depositati, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
Considerato
in
D I R I T
T O
Va innanzitutto scrutinata l’eccezione di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno riferito al pagamento dell’indennità di risultato relativa
all’annualità 2007, avanzata dai difensori dei convenuti, in ordine alla quale,
il P.M., nell’intervento in udienza, ha
evidenziato che il fatto dannoso è emerso soltanto con la trasmissione
alla Procura contabile del rapporto della Guardia di Finanza del 4/2/2013, non
avendo avuto la Procura stessa precedenti notizie dall’Amministrazione
danneggiata.
Al riguardo è utile ricordare che il contrasto
nella giurisprudenza della Corte dei
conti, tra il
criterio della conoscibilità obiettiva dell’evento dannoso e
quello della conoscenza effettiva, per individuare il dies a quo della
decorrenza del termine di prescrizione,
è stato da tempo superato con adesione della prevalente giurisprudenza ai
principi fissati dalle Sezioni Riunite con la sentenza n. 743/A/1992 che hanno
fornito l’opzione interpretativa sulla base del primo degli indicati criteri.
La copiosa giurisprudenza
formatosi sul solco della succitata pronuncia delle Sezioni Riunite ha
evidenziato che, per l’individuazione dell’esordio della prescrizione, assume
rilievo la conoscibilità in seno all'Amministrazione dell’evento dannoso; su
quest’ultima incombe l'obbligo di denuncia, con correlativa responsabilità, per
i casi di omesso o ritardato adempimento dello stesso. Detto indirizzo si pone
in sintonia con i più generali principi affermati dalla Corte di Cassazione
che, dalla riconosciuta funzione, propria dell’istituto della prescrizione, di
garanzia di certezza del diritto, ha fatto discendere la prevalenza del
principio della “conoscibilità oggettiva” dell'evento dannoso rispetto a quello
della conoscenza effettiva, fondata sulle disposizioni testuali che
attribuiscono rilievo giuridico alla scoperta del danno soltanto in caso di
doloso occultamento del debito (per tutte, Cass. Civ. n. 326/1989, n.
1442/1983, n. 1716/1979).
Dopo l'entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, della l. 14
gennaio 1994, n. 20, nel testo modificato dall'art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996,
n. 543, convertito, con modificazioni, nella l. 20 dicembre 1996 n. 639,
secondo cui il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in
cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso,
ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua
scoperta, l’enunciato approdo giurisprudenziale si è ulteriormente consolidato.
Infatti, nel silenzio dei lavori preparatori, la giurisprudenza ha
ritenuto che il legislatore, con la suindicata disciplina, abbia voluto
ribadire il principio della decorrenza della prescrizione dal momento della
conoscibilità obiettiva del danno, restando salvo il principio della conoscenza
effettiva “solo" in caso di occultamento doloso del danno (ex plurimis:
Sez. I n. 427/2003, n. 104/2006, Sez.III
n. 32/2002, n. 311/2004).
Lo spostamento in avanti
del momento di esordio del termine prescrizionale, sino alla effettiva
conoscenza dell’evento dannoso dolosamente occultato, posto dalla novella
legislativa innanzi richiamata, appare coerente con la disposizione ex art.
2935 c.c., che esclude la decorrenza della prescrizione nel tempo in cui il
diritto non può essere fatto valere, solo in presenza delle cause giuridiche
impeditive dell'esercizio di tale diritto e non anche dei semplici ostacoli
fattuali, fra i quali l'ignoranza del titolare in ordine alla sussistenza del
suo diritto (Cass. civ. sez. IIIn. 1480/1995).
Ha precisato la giurisprudenza che il doloso occultamento del
danno non coincide con la commissione dolosa del fatto dannoso, ma richiede
un'ulteriore condotta indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto e che,
comunque, perché di occultamento doloso si possa parlare, occorre un
comportamento che, pur se può comprendere la causazione del fatto dannoso, deve
tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire il disvelamento di un
danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto
(ex plurimis cfr: Sez. I n. 40/2009, Sez. III n. 311/2004, n. 474/2006, n.
480/2007, Sez. Veneto n. 992/2005, Sez. Puglia n. 339/2010, Sez. Basilicata n. 47/2012, n. 91/2012).
Tanto premesso, rileva il Collegio che, nella fattispecie,
l’attore non ha addotto alcun comportamento dei convenuti specificamente
diretto all’occultamento del danno, né tale comportamento emerge dagli atti acquisiti al fascicolo di causa,
mentre non assume rilievo, per i principi innanzi esposti, il momento nel quale
la Procura ha avuto notizia del “fatto dannoso”.
Conseguentemente, nella fattispecie all’esame, il “fatto dannoso”
si è perfezionato con il pagamento dell’indennità di risultato, momento in cui si è realizzato anche
l’elemento oggettivo dell’invocata responsabilità.
Pertanto, constatato che il pagamento dell’indennità di risultato è
stato disposto con mandato n. 309 del 21/5/2008, e che il primo atto
interruttivo della prescrizione è il c.d. “invito a dedurre” - contenente
esplicita costituzione in mora ex art. 2943 c.c. - notificato ai convenuti nel
periodo tra l’ 1 ed il 12 agosto 2013, quindi,
oltre il termine quinquennale previsto dall’art. 1, comma 2, della l. n.
20/1994 e successive modifiche, va dichiarata la prescrizione del diritto al
risarcimento esercitato dalla Procura contabile relativamente al danno
afferente l’annualità 2007.
Assume
carattere preliminare l’eccezione, avanzata dal difensore del convenuto Di
Mauro, di inammissibilità della domanda risarcitoria relativa all’indennità
riferita all’anno 2008, per violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c e degli
artt. 1 e ss del R.D. n. 1038/1933; evidenzia al riguardo che da parte
dell’attore non viene indicato alcun atto, alcun comportamento, alcun
pregiudizio oltre alla laconica frase riferita all’anno precedente “analogamente avveniva per l’anno 2009”.
Sul punto, è opportuno ricordare brevemente, che le ipotesi di nullità della
citazione risultano tipizzate dal legislatore, e che, in particolare, l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede, quali
elementi dell’atto introduttivo “la
esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della
domanda e l'indicazione dei titoli su cui è fondata”, e che ai sensi
del successivo art. 3 “si ha nullità
della citazione qualora vi sia assoluta
incertezza sull'oggetto della domanda”, mentre l’art. 163 c.p.c., - evocabile a fini di integrazione ex art. 26
del medesimo R.D. n. 1038/33 - con norma sostanzialmente sovrapponibile richiede, a pena di nullità, “3) la determinazione della cosa oggetto
della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto
costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”.
Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di assicurare un
compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione dell’oggetto
della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che vi sia
assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto valere.
Tale verifica, però, deve effettuarsi, da parte del
Giudice, attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti
allegati (cfr. Cass. civ. sez. I n. 17023/03) con la conseguenza che una
valutazione in termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere
fatta solo allorché l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il
diritto costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa.
Ritiene il Collegio che, sulla base dei principi
innanzi esposti, non sia ravvisabile nella fattispecie all’esame, la nullità
della citazione dedotta dal difensore.
Infatti la citazione, dopo aver compiutamente
esposto il danno reclamato in restituzione relativo all’anno precedente e le
ragioni a fondamento della sua richiesta, senza che sia stata sollevata alcuna
censura di indeterminatezza della domanda risarcitoria, sinteticamente deduce
che al convenuto Di Mauro vanno contestati gli stessi comportamenti anche per
l’anno successivo – depositando il decreto n. 135 del 18.6.2009 con il quale il
convenuto ha liquidato anche l’indennità
per cui è causa, nonché il relativo mandato di pagamento n. 412/2009,
riportante quale causale “indennità di
risultato posizioni organizzative anno 2008” (cfr pagg. 108 e seguenti dei
documenti depositati dall’attore) – specificando ulteriormente il “petitum” nell’analitico prospetto
riassuntivo riportato a pag. 14 della citazione.
Pertanto, constatato che contrariamente a quanto
dedotto dalla difesa, l’attore ha adeguatamente individuato il comportamento contestato al convenuto,
anche se con rinvio alle considerazioni svolte relativamente all’anno
precedente, depositando gli atti nei quali il comportamento censurato si è
concretizzato, specificando poi il relativo petitum
anche per mezzo del surrichiamato prospetto, si deve ritenere che la parte
della domanda relativa all’indebito pagamento dell’indennità di risultato
relativo all’anno 2008 contenga una sufficiente esposizione della causa petendi e del petitum, così da permettere l’approntamento di un’adeguata ed
informata difesa, e conseguentemente l’eccezione difensiva di nullità della
citazione va respinta.
Passando all’esame del merito, come più ampiamente
esposto in narrativa, l’attore pubblico contesta agli odierni convenuti di aver
concorso all’indebita corresponsione ai titolari di P.O.C. (posizioni
organizzative complesse) dell’indennità di risultato, senza la necessaria
previa definizione degli obiettivi gestionali da conseguire nel periodo di
riferimento.
Le difese, con varie argomentazioni, hanno
sostanzialmente sostenuto che la previa definizione degli obiettivi non era
elemento indispensabile per la legittima liquidazione dell’indennità di cui
trattasi.
Le tesi difensive non meritano condivisione.
A prescindere dal considerare i principi generali
posti dalle norme di riforma del pubblico impiego, tra le quali l’art. 3 del d.
lgs. n. 29/1993 e l’art. 4 del d. lgs n. 165/2001 che demandano agli organi di
governo di ciascuna Amministrazione la definizione degli obiettivi e dei
programmi da attuare, giova sottolineare che l'istituto della retribuzione di
risultato - la quale, insieme con la retribuzione di posizione forma il
trattamento economico accessorio del personale - è strutturato come forma di
incentivazione della produttività ed è perciò collegato alla presenza di
condizioni particolarmente stringenti, tra i quali, la disciplina recata dalla
contrattazione collettiva e la costante giurisprudenza della Corte dei conti,
ha costantemente contemplato la previa specifica definizione degli obiettivi da
conseguire (ex plurimis: Sez. Abruzzo n. 239/2006, Sez. Veneto n. 1158/2006,
Sez. Basilicata n. 25/2013, Sez. II appello n. 387/2014).
Anche
la specifica disciplina della materia vigente presso l’ARBEA all’epoca dei
fatti per cui è causa depone nel senso innanzi indicato:
-
la delibera della Giunta regionale della Basilicata n. 1157 /2003, che ha
approvato il Contratto Collettivo Decentrato per il personale regionale –
applicabile anche al personale dell’ARBEA in conseguenza del richiamo ad essa
operato nella deliberazione n. 114/2003 adottata dal Direttore dell’Agenzia Di
Mauro, ed avente ad oggetto “Adeguamento retribuzioni posizioni organizzative
…” – nell’allegato C.C.D., all’art. 3, punto G) avente ad oggetto “Indennità
Risultato P.O.” prevede una valutazione con una graduazione dei punteggi che
presuppone la preventiva definizione quantitativa degli obiettivi;
-
alla deliberazione n. 1 del 14.1.2004, adottata dallo stesso dott. Di Mauro e
concernente la contrattazione decentrata integrativa, è allegato il “Contratto
Collettivo Decentrato Integrativo ARBEA” che all’art. 17, nel disciplinare il
sistema di valutazione, prevede espressamente la necessità di “Comunicare al dipendente cosa ci si aspetta
da lui (obiettivo)”, specificando poi, tra l’altro, che il procedimento di
valutazione deve: “a) Definire gli
obiettivi strategici, b) Identificare le basi per la misurazione delle
prestazioni”;
-
la delibera n. 9 del 25.1.2007, sempre adottata dal Direttore dott. Di Mauro,
nell’allegato denominato “Definizione e
declaratorie delle P.O. dell’Agenzia”, tra i compiti demandati al Direttore
prevede, al punto 4: “Definisce gli
obiettivi e ne verifica il conseguimento”;
-
al successivo decreto del Direttore Di Mauro n. 43/2010 sono allegati i “Criteri e Metodologia di incentivazione e
valutazione del Personale” che prevedono espressamente quale prima fase del
procedimento valutativo la “Definizione e
valutazione ponderata degli obiettivi assegnati alla posizione organizzativa”.
Pertanto,
a fronte di un quadro normativo che inequivocabilmente richiedeva la preventiva
definizione e comunicazione a ciascun titolare di P.O.C. degli obiettivi
gestionali da conseguire, non può che essere qualificato come gravemente
colposo il comportamento di coloro che hanno concorso al pagamento della voce
accessoria della retribuzione indissolubilmente legata alla verifica del
conseguimento di predeterminati obiettivi, pur in palese assenza di essi, ma
sulla base di relazioni autoreferenziali prodotte dagli stessi destinatari
dell’indennità di risultato.
Passando
a vagliare le ipotesi di responsabilità rappresentate dall’attore pubblico
distintamente per ciascun anno, fermo restando quanto detto circa la
prescrizione relativa all’annualità 2007, va ritenuta come gravemente colposa
la liquidazione dell’indennità di risultato ai titolari di P.O.C. relativa agli
anni 2008 e 2009, disposta dal Direttore Di Mauro rispettivamente con
provvedimenti n. 135/2009 e n. 65/2010, pur in manifesta assenza di obiettivi
gestionali predeterminati.
Né
nei confronti del predetto appare applicabile la c.d. esimente politica
prevista dall’art. 1, comma 1 ter, della l.n. 20/1994, invocata dai difensori
di Di Mauro, evidenziando che il loro assistito ha agito su proposte dei
Dirigenti ed in presenza di un parere favorevole del Nucleo di valutazione.
Circa la c.d. “esimente politica” prevista dall’art. 1, c. 1 ter della l.n. 20/1994 (nel testo novellato dalla l.n.
639/1996), va brevemente ricordato che, come è noto, essa trova la propria “ratio”
nella necessità di dare efficace attuazione al principio di separazione
funzionale tra organi politici ed organi amministrativo-tecnici preposti alla
gestione, introdotto nell’ordinamento dall’art. 51 della L.n. 142/1990 di
riforma dell’ordinamento degli EE.LL e poi confermato dall’art. 2 del d.lgs n. 29/1993 .
Conseguentemente, il succitato art. 1, c. 1 ter della l.n. 20/1994 prevede che “Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici
tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli
organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano
autorizzato o consentito l’esecuzione”. Pertanto alla norma va data
un’interpretazione coerente con la surrichiamata “ratio legis”, così da contenere i limiti della disposta esimente
nell’ambito dei soli atti rientranti nella competenze degli apparati
burocratici a cui gli organi politici hanno soltanto manifestato approvazione o
comunque consenso all’esecuzione; quindi, ne consegue che, comunque, la c.d.
“esimente politica” non è applicabile nei casi (come quello all’esame) in cui
gli organi politici abbiano esercitato un’attribuzione propria, nella quale i
soggetti preposti alle strutture burocratiche abbiano espletato funzioni
istruttorie ovvero consultive e comunque di mero supporto strumentale (in senso
conforme, ex plurimis, cfr Sez II centr. n. 303/2003, Sez. Lazio n. 2282/2006, Sez. Lombardia n. 476/2012, Sez.
Basilicata n. 127/2008 e n. 56/2013). Conseguentemente, considerato che la
definizione degli obiettivi e la verifica dei risultati rientrano nelle competenze
proprie del Direttore/Amministratore secondo quanto disposto dall’art. 9 della
legge regionale istitutiva dell’ARBEA n. 15/2001, modificata con la l.r. n. 14/2005, anche l’ eccezione difensive all’esame
va disattesa.
Va poi condiviso quanto rappresentato dall’attore
circa la corresponsabilità dei componenti il Collegio dei Revisori (Tardi,
Albano e Pellegrino) nella produzione del danno per cui è causa.
Essi infatti hanno preso parte al procedimento che
ha portato all’indebita erogazione della parte della retribuzione accessoria,
esprimendosi positivamente attraverso il previsto parere obbligatorio, anche se
non vincolante, alla erogazione dell’indennità, senza mai rilevare la palese
illegittimità dell’erogazione in assenza della predeterminazione degli
obiettivi, venendo quindi meno ai compiti di indirizzo e vigilanza propri
dell’organo di revisione, il cui contributo causale alla produzione del danno
appare quindi indubitabile (in senso conforme, ex plurimis, cfr Corte dei conti
Sez. Puglia n. 670/2002, Sez. Trentino Alto Adige n. 44/2007).
Il danno che è conseguito all’indebita erogazione
dell’indennità di risultato ai titolari di P.O.C. riferita agli anni 2008 (€
20.357,86) e 2009 (€ 16.296,87), va pertanto quantificato complessivamente in € 36.654,73;
condividendosi poi il criterio di ripartizione dell’addebito proposto
dall’attore pubblico, vanno addebitati al Direttore Di Mauro i 2/3 della
predetta somma, pari quindi ad € 24.436,49, considerando il maggior contributo
causale alla produzione del danno da parte del Direttore a cui la norma istitutiva dell’Arbea innanzi citata
demandava la competenza di fissare gli obbiettivi e verificare poi i risultati, rispetto ai
componenti del Collegio dei Revisori che hanno svolto un ruolo essenzialmente
consultivo attraverso l’espressione di un parere che disattendeva il chiaro
quadro normativo che regolava la materia, ai quali va addebitato il restante
terzo, da ripartirsi in parti uguali; pertanto i convenuti Tardi, Albano e Pellegrino vanno condannati a
risarcire l’Erario nella misura di € 4.072,75 ciascuno.
Occorre passare all’esame dell’ipotesi di
responsabilità connessa ai pagamenti dell’indennità di risultato relativa
all’anno 2010, che, secondo la prospettazione attorea, va addebitata per due
terzi al Commissario/Direttore dott. Freschi, e per il restante terzo ai
componenti del Collegio dei Revisori.
Ritiene il Collegio sussistente l’ipotizzata
responsabilità, considerato che anche per il 2010 la predetta componente del
salario accessorio è stata corrisposta ai titolari di P.O.C., previo parere
positivo del Collegio dei Revisori, con decreto del Direttore dott. Freschi n.
87 del 5.5.2011, pur in assenza della necessaria predeterminazione degli
obiettivi gestionali riferiti a quell’anno (infatti il dott. Freschi ha
provveduto a determinare gli obiettivi riferiti all’anno 2011 con atto dell’1.7.2011).
Tuttavia, nel determinare la misura del danno da
risarcire, il Collegio non può non tener conto del particolare e difficile
contesto in cui gli odierni convenuti si sono trovati ad operare nell’anno
all’esame.
Il dott.
Freschi ha assunto servizio
presso l’ARBEA in qualità di
Commissario allorquando buona parte dell’anno
era già
trascorso
(1/6/2010), assumendo poi la funzione di Direttore
dell’Agenzia dal 26.10.2010.
Il 2010 è stato un anno di particolari difficoltà
operative per l’ARBEA; infatti, come si evince dalla delibera della Giunta
regionale Basilicata n. 233 del 9.2.210 nonché
dalla relazione
dell’Assessore regionale all’Agricoltura al Consiglio regionale nella seduta
del 18.1.2011, lo stato di difficoltà operativa in cui versava l’Agenzia aveva
indotto la Regione a nominare una Commissione di vigilanza che aveva
evidenziato significative disfunzioni e criticità gestionali; ciò aveva anche
comportato in data 12.5.2010 la perdita da parte dell’ARBEA della funzione di
organismo pagatore degli aiuti comunitari nel settore agricolo, anche se ha
continuato a svolgere provvisoriamente la funzione sino all’ottobre 2010,
momento di subentro della Regione stessa e dell’AGEA; in tale periodo ha
comunque dovuto perseguire il risultato di scongiurare il paventato rischio di
disimpegno automatico connesso all’applicazione della regola comunitaria dell’ “n+2” (disimpegno automatico delle
risorse economiche non tempestivamente utilizzate), risultato , quest’ultimo,
poi effettivamente conseguito; le difficoltà operative dell’Agenzia erano
inoltre state accresciute dalla perdita di ben tre Dirigenti nel corso
dell’anno.
La
deficienza del modulo operativo, le obiettive difficoltà gestionali ed
organizzative – a loro non imputabili - in cui i convenuti si sono trovati ad
operare e la mole e gravosità dei compiti svolti nel periodo all’esame, pur non
escludendo la sussistenza della colpa grave a carico degli odierni convenuti,
sono tuttavia elementi che il Collegio ritiene di dover considerare, ai fini
dell’applicazione del c.d. “potere riduttivo” previsto dall’art. 83 del R.D. n.
2440/1923 e dall’art. 52 del R.D. n.1214/1934, secondo il consolidato
orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti in materia.
Pertanto
il Collegio ritiene di ridurre nella misura del 50% della richiesta attorea
(ammontante ad € 16.296,87) il danno relativo all’anno 2010, da ascrivere agli
odierni convenuti, che, quindi, va determinato in € 8.148,44.
Applicando
lo stesso criterio di ripartizione dell’addebito usato per le annualità
precedenti (due terzi a carico del Commissario/Direttore, ed il restante terzo
da ripartirsi in parti uguali tra i tre componenti del Collegio dei Revisori), per le stesse motivazioni
già innanzi esposte, il dott. Freschi va condannato al risarcimento del danno
nella misura di € 5.432,29,
mentre Tardi, Albano e Pellegrino vanno condannati a risarcire l’Erario nella
misura di € 905,38 ciascuno.
La domanda attorea relativa alle
responsabilità derivanti dal pagamento ai titolari di P.O.C. dell’indennità di
risultato concernente gli anni 2011 e 2012 non merita invece accoglimento.
Infatti, il dott. Colangelo, subentrato
al dott. Freschi nella funzione di Direttore dell’Agenzia, previo parere
positivo del Collegio dei Revisori, ha provveduto al pagamento ai titolari di
P.O.C. dell’indennità di risultato concernente il 2011, con decreto n. 70 del 10.5.2012, dopo
aver verificato i risultati raggiunti, sulla base degli obiettivi
specificamente predeterminati dal precedente Direttore e comunicati a ciascun
titolare di P.O.C. con e- mail del 1/7/2011.
Relativamente all’anno successivo, il
dott. Colangelo ha prima provveduto, con nota n. 2352 dell’8/5/2012, a
confermare gli obiettivi gestionali fissati per il precedente anno,
aggiornandoli poi con nota n. 7728 del 12.11.2012; lo stesso Direttore ha poi
liquidato il compenso accessorio con decreto, previa verifica dei risultati
conseguiti e su conforme parere del Collegio
dei Revisori, con decreto n. 47 del 16.4.2013.
Considerando quindi che, contrariamente
a quanto dedotto dall’attore, il pagamento dell’indennità di risultato relativa
agli anni 2011 e 2012, è stata disposta previa verifica del raggiungimento di
obiettivi predeterminati, ancorchè non del tutto tempestivamente, in quanto
fissati solo circa a metà di ciascun anno, ritiene il Collegio che i convenuti
vadano mandati assolti relativamente alla parte della domanda attorea in
trattazione.
Conclusivamente, i seguenti convenuti
vanno condannati a risarcire l’Erario nella misura per ciascuno di seguito
indicata:
Di Mauro € 24.436,49;
Freschi € 5.432,29;
Tardi € 4.978,13 (€ 4.072,75 + €
905,38);
Albano € 4.978,13 (€ 4.072,75 + €
905,38);
Pellegrino € 4.978,13 (€ 4.072,75 + €
905,38).
I predetti importi vanno maggiorati degli accessori di legge, come
da richiesta attorea.
Il convenuto Colangelo va, invece,
mandato assolto.
Conseguentemente, poiché il
Giudice contabile, in caso
di proscioglimento nel
merito, deve liquidare l'ammontare degli
onorari spettanti alla
difesa del convenuto prosciolto, fermo restando il parere di congruità
dell’Avvocatura dello Stato da esprimersi sulle richieste di rimborso avanzate
all’Amministrazione (art. 10 bis, comma
10, del d.l. n. 203/2005, convertito
dalla legge n. 248/2005, nel
testo modificato dall’art. 17, comma 30
quinquies del d.l. n.
78/2009 convertito dalla legge n.
102/2009), occorre pronunciarsi sulle
spese legali del convenuto mandato
assolto.
Visto il D.M. 10.3.2014 n. 55, concernente il “Regolamento recante
la determinazione dei parametri
per la liquidazione dei compensi per la professione
forense, ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 24”,
da applicarsi in
difetto di accordo tra le parti,
si liquida il compenso del difensore del convenuto
assolto nella misura di € 2.355,00, fermo restando il diritto al rimborso delle
spese previste dall’art. 2, comma 2, del succitato D.M..
Va, infine,
rilevato da un verso che la citazione datata 4/2/2014, chiede che i convenuti siano
condannati “al pagamento in favore
dell’ARBEA”, e da altro verso che ai sensi dell’art. 2 della legge
regionale Basilicata n. 4 del 15/4/2014, l’ARBEA “cessa la sua operatività il 31
luglio 2014 e le sue funzioni sono assunte dalla Regione……. A far data dal 1
agosto 2014, cessata la gestione commissariale, la Regione subentra in tutte le
posizioni attive e
passive facenti capo ad ARBEA”; conseguentemente la Regione Basilicata
va identificata quale creditrice delle somme relative
alla presente
condanna risarcitoria, considerato
che è subentrata “in
tutte le posizioni attive e passive facenti capo
ad ARBEA”.
Le spese di giustizia seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dei conti, Sezione
Giurisdizionale per la Regione Basilicata, ogni contraria domanda
ed eccezione respinte:
a) Condanna i convenuti al
pagamento in favore della Regione Basilicata delle somme per ciascuno di
seguito specificate:
Di Mauro Gabriele € 24.436,49;
Freschi Andrea € 5.432,29;
Tardi Luigi € 4.978,13;
Albano Paolo Antonio € 4.978,13;
Pellegrino Andrea € 4.978,13;
le
predette somme vanno maggiorate della rivalutazione
monetaria dalla data di ciascun pagamento e sino alla data di pubblicazione
della presente sentenza, nonché degli interessi nella misura legale, decorrenti
dalla data di deposito della presente decisione e fino all’effettivo
soddisfo.
b) assolve il
convenuto Colangelo Rocco dagli addebiti contestati;
c) liquida le spese legali del convenuto mandato
assolto nella misura di € 2.355,00.
d)
Le spese di giustizia seguono la
soccombenza e vengono determinate nella misura di € 1.666,81=.
Euro milleseicentosessantasei/81=.
Così
deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 21 aprile 2015.
L’estensore Il
Presidente
(dott. Vincenzo Pergola) (dott. Maurizio Tocca)
F.to Vincenzo Pergola F.to Maurizio Tocca
Depositata in Segreteria il 25 MAG.2015
Il Preposto alla Segreteria della
Sezione
Giurisdizionale Basilicata
Maria Anna Catuogno
F.to
Maria Anna Catuogno