mercoledì 27 maggio 2009

Interventi per il Mezzogiorno. Una risposta a Pellegrino Capaldo.

Scrive Pellegrino Capaldo nella prefazione del libro di Michele Guerriero (Stelle del Sud, Rubbettino editore) che: "Il Sud non ha bisogno di una specifica politica economica, nè -come si diceva una volta- di interventi addizionali.
(...) Il nostro Mezzogiorno può essere trattato ormai alla stregua di tutto il resto del Paese. Oggi non abbiamo più un problema Mezzogiorno; abbiamo piuttosto un problema Italia che, nella sua complessità, ingloba anche la piccola questione meridionale.
Il federalismo fiscale non può essere visto in chiave punitiva per il Sud o in chiave risarcitoria per il Nord. Tanto più che non è facile dimostrare, come alcuni credono, che l'attuale meccanismo di risorse sia premiante per il Sud e penalizzante per il Nord".

Una risposta alle questioni di Pellegrino Capaldo può cercarsi -io credo- nel recente libro del professor Gianfranco Viesti, "Mezzogiorno a tradimento", edito dalla Laterza.
Scrive Viesti: "Il DPEF per gli anni 2000-2003 (Governo D'Alema) stabilisce un criterio politico di ripartizione dei fondi che fosse equo per tutto il Paese. Quale criterio? La spesa aggiuntiva va per definizione principalmente alle aree più deboli. La destinazione geografica dei fondi strutturali è definita da regole europee: vanno principalmente, ma non solo, al Sud; la destinazione geografica delle risorse FAS fu stabilita per l'85% nel Mezzogiorno e per il 15% nel Centro -Nord. Come suddividere la spesa ordinaria? Si decise di stabilire una opportuna via di mezzo fra il peso delle due grandi aree del Paese in termini di PIL e in termini di popolazione, stabilendo che la spesa ordinaria in conto capitale dovesse andare per il 30% al Sud e per il 70% al Nord. Mettendo insieme questi numeri si ottiene un numero di sintesi. Il 45% della spesa totale in conto capitale(europea, nazionale ed ordinaria insieme) va al Sud; il 55% va al Nord. Obiettivo confermato da tutti i Governi, anche di centro destra.
L'impegno che i Governi di centro sinistra e di centro destra si erano dati, non è mai stato raggiunto. Negli anni Novanta la quota per il Sud è cresciuta lievemente dal 38,6% del 1998 al 40,4 del 2001. Con il Governo Berlusconi la tendenza è cambiata, riducendosi la quota fino al 36,7 del 2005.
Per il quadriennio 2007-2011 l'obiettivo è il 42,3% e del 41,4 per il biennio 2010-11.
Cosa è successo in Italia con i Fondi europei?
Se i fondi europei invece di aggiungersi alle risorse italiane le sostituiscono , non producono nessun effetto aggiuntivo di sviluppo. E' solo il contribuente europeo che paga al posto di quello italiano".


domenica 24 maggio 2009

CorSera 3 Maggio, ed. Milano

Università ed Expo, boom di immigrati dal Sud

I demografi: ogni anno arrivano 15 mila giovani. «Piano case per studenti fuori sede. No al racket dei posti letto»

Fortuna che ci sono gli immigrati. Prendete Sant' Arcangelo, in provincia di Potenza. Ai minimi storici di abitanti (6.500 secondo l' ultima rilevazione) per via dei giovani che partono, Sant' Arcangelo, se non ci fossero africani ed europei dell' Est a mantenere in pari il saldo tra chi va e chi arriva, scomparirebbe. Sant' Arcangelo, con questi suoi giovani che si (ri)trovano, a Milano ha una cospicua rappresentanza. E ne hanno anche tanti altri paesi del sud belli e sconosciuti, piccoli e invecchiati. In un anno, a Milano, dal Meridione, salgono 15 mila persone. Sono arrivi non mordi e fuggi: ma stanziali. Il numero è di Svimez, istituto di ricerca che studia soprattutto il Sud. Quindicimila persone, abbiamo detto: di queste, alla fine, iscrivendosi all' Anagrafe, diventando milanesi a tutti gli effetti, cioè gli effetti tributari, sanitari ed elettorali, due su tre rimarranno a vivere in città. Per sempre. La disputa lessicale La nuova immigrazione, la vecchia che ritorna. O forse no. No nel senso che qui c' è subito una questione lessicale. Luca Bianchi, vicedirettore di Svimez, dice che il termine «immigrato», agli italiani del Sud non piace: «Si considerano "in movimento". Punto. C' è Milano così come c' è Londra. Dopo la Lombardia, potrebbe esserci uno spostamento in Inghilterra, in America». Sulla questione lessicale interviene il rettore dello Iulm, Giovanni Puglisi. Lo Iulm è una delle università a maggior afflusso di meridionali. Puglisi è siciliano. Dice: «In un periodo avvelenato dal virus del razzismo, ho qualche dubbio a trattare i nostri ragazzi parlando di loro come immigrati... Comunque, vero è che bisognerebbe premiarli e invece Milano non fa proprio niente». Il niente, per Puglisi, è relativo all' annosa carenza di basi e supporti: insomma residenze e appartamenti a prezzi calmierati per fuori sede. La carenza abitativa nonché i generali alti costi della quotidianità metropolitana stanno poi incrementando una tendenza descritta dai demografi in costante aumento: «Il pendolarismo. Si vive in città da lunedì a venerdì; da soli; la famiglia rimane al Sud; il venerdì sera, approfittando delle offerte low cost di aerei e treni, si scende». Medici e design Luoghi comuni, vecchie immagini-spot, decenni di storie: quant' è lunga e articolata, l' immigrazione italiana in città. E quant' è cambiata. Anche a causa del «ridimensionamento attrattivo del Piemonte e di Torino», Milano è tornata una meta scelta, inseguita. In proiezione, garantiscono gli esperti di statistica, «diventerà quasi l' unica scelta per chi deve o vuol lasciare il Sud». Economia, Medicina, Ingegneria, Architettura: gli italiani del Sud preferiscono laurearsi in discipline non umanistiche. C' è un' icona, sovente accompagnata da giudizi negativi: l' impiegato pubblico di origine meridionale che una volta ottenuto il posto fisso a Milano ne approfitta per rientrare il prima possibile a casa. Lo Svimez: «Falso. La quota dei rientri è minoritaria». Vecchi e nuovi immigrati Ma allora, che immigrazione italiana abbiamo? Il sociologo Aldo Bonomi fissa i paletti: «Abbiamo superato il concetto dell' esodo dell' operaio-massa. Oggi abbiamo dinamiche e persone radicalmente differenti». C' è un punto in comune tra oggi e allora: la necessità di una politica per la casa. Per dire, l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli - è nato un dibattito con architetti e sociologi - ha parlato della possibilità di una Milano da due milioni di residenti. Cosa ne dice, professore? «Milano è una città-spugna che accoglie». Forse sarà una provocazione, professore: ma accanto ai 15 mila aumenti l' anno di residenti del Sud, in un anno ci sono stati 14 mila asiatici e 17mila nordafricani in più. Un volume numerico molto simile... «I flussi dei giovani del Sud sono silenziosi, "non danno fastidio", non fanno urlare... Flussi forti, che producono, portano ricchezza, combattono il calo demografico. Vede, sull' immigrazione il mercato spesso decide per noi. È necessario abbassare i toni e assecondare i processi economici con un sano pragmatismo, intervenendo quando e come serve». Andrea Galli Hanno detto Io vivo sui Navigli. Milano? Una città che ti restituisce tutto ciò che si è presa all' inizio Milano forse non appaga. Ma ti dà ciò che cerchi. Infatti ci rimani a vivere Sono sedici anni che abito qui. E sì, posso dire che ormai mi sento a casa mia * * * L' assalto alle eccellenze della città I flussi Quindicimila arrivi a Milano ogni anno, 15 mila persone che, iscritte all' Anagrafe, diventando milanesi agli effetti tributari, fiscali, sanitari, elettorali Il sociologo Per il sociologo Aldo Bonomi questi giovani che arrivano dal Sud «portano ricchezza e aiutano la città a combattere il calo demografico»

Galli Andrea

(3 maggio 2009) - Corriere della Sera