martedì 20 ottobre 2009

Esselunga, chiesta l' archiviazione 'La cassiera non subì mobbing'

NON è mai stata picchiata. Non ha subito mobbing. Non le è mai stata negata la pausa per andare in bagno. Non si è mai fatta la pipì addosso. La procura di Milano ribalta il caso della cassiera dell' Esselunga, che tra febbraio e marzo del 2008 suscitò l' indignazione di sindacati, consumatori, associazioni e partiti di sinistra, al punto che ci fu chi candidò la donna all' Ambrogino d' oro. Il pubblico ministero Piero Basilone chiede l' archiviazione dell' inchiesta: «Dagli accertamenti è emerso un quadro psicologico (certamente patologico) di pregressa e grave sofferenza che, con grande misura e con tutto il rispetto per la vittima, non può certo essere del tutto trascurato in una doverosa, attenta considerazione dell' intera vicenda». Ora sarà il giudice per le indagini preliminari Maria Grazia Domanico a decidere se archiviare il fascicolo. Inizialmente, al momento della denuncia, la cassiera sembrava credibile. Diceva di essere stata picchiata da uno sconosciuto nello spogliatoio del supermercato di viale Papiniano. Una punizione per aver denunciato un caso di mobbing un mese prima, quando aveva detto di essersela fatta addosso perché non aveva avuto il permesso di andare in bagno. La donna, italoperuviana, oggi 45enne, raccontava che il suo aggressore, tenendole la bocca tappata e tirandola per i capelli le aveva sbattuto più volte la testa contro gli armadietti. «Mi ha riempito di calci e pugni e infine mi ha spinto la testa nel water, urlandomi "piscia, piscia"», riferì la donna, che presentò denuncia contro ignoti, forte di un referto che riscontrava un trauma cranico-facciale, una distorsione cervicale, numerosi ecchimosi agli arti inferiori e una contusione al braccio destro. Nel registro degli indagati furono iscritti il direttore del supermercato, la vicedirettrice, un addetto alla sorveglianza e la capocassiera. Il pm ordinò una perizia per verificare lo stato di salute mentale della donna. E cominciò ad approfondire. La pausa negata per il bagno? La circostanza non risulta confermata da una collega che, scrive Basilone, «ha espressamente dichiarato di aver controllato la sedia della Bolognesi e il pavimento e di aver riscontrato che la postazione non era bagnata». Poi ci sono le contraddizioni tra il racconto della cassiera e le testimonianze dei colleghi. Alla fine il pm esclude il reato di lesioni colpose anche perché la malattia diagnosticata alla donna come effetto dell' episodio di mobbing «è insorta prima di quella data e non è certamente conseguenza del ritardo della donna a recarsi in bagno». Quanto all' aggressione, per il pm «le lesioni riscontrate, conseguenti a quella aggressione, paiono astrattamente compatibili con la ricostruzione dell' evento fatta dalla persona offesa». Il quadro, però, cambia con gli accertamenti. Il pm ipotizza che l' autore del pestaggio possa essere il sorvegliante, l' ultimo a vederla, mandato dalla vicedirettrice. Tra i due, però, non emergono contatti telefonici. Del resto, la vittima dà nel corso delle indagini due versioni diverse dell' aggressione: dice di essere stata sbattuta prima contro il water e poi contro gli armadietti degli spogliatoi. Questa e altre incongruenze, oltre agli episodi di autolesionismo emersi dal passato clinico della donna, hanno persuaso il pm dell' inattendibilità della sua denuncia. Incredula Roberta Musu, la sindacalista della Uil che ha raccolto la denuncia della cassiera. «Io l' ho vista, quando è stata picchiata: se è riuscita a farsi da sola quello che aveva, tanto di cappello...». -

domenica 11 ottobre 2009

La politica estera dell'Italia.

L’Italia che vorrebbero i cristiano-democratici, il partito di Ange­la Merkel, «è quella che nel 1983 fu deci­siva affinché la Germania accettasse i missili Cruise e Pershing sul suo territo­rio», scelta che si rivelò di importanza storica. L’Italia che vorrebbero i socialde­mocratici, l’altro grande partito popola­re tedesco, «è quella che apprezzava la Ostpolitik di Willy Brandt e proponeva idee per l’Europa». La vorrebbero — di­ce il diplomatico berlinese — ma da pa­recchio tempo raramente la trovano quando sono in gioco grandi questioni. Vista da Berlino, Roma non sembra inte­ressata alla politica estera e, quando lo è, è confusa. «Nei nuovi equilibri internazio­nali, l’Italia pesa meno che ai tempi della Guerra Fredda — dice un altro diplomatico — Questo però è un fat­to strutturale, dato dall’emergere di nuo­ve potenze, che in parte vale anche per la Germania. Ma carte da giocare, soprattut­to in Europa, ne ha molte. Se vuole». «I rapporti che in questo campo c’erano un tempo sono svaniti — dice Klaus Neu­bert, ex ambasciatore tedesco a Roma— Prima si è disintegrata la Dc, con la sua idea di Paese. Poi è successa la stessa co­sa con la sinistra italiana. Sono venuti meno i pilastri europeisti, non sostituiti. E per la Germania è un problema».

In Europa, in questo momento, Berli­no si sente paradossalmente più isolata di prima. L’asse con Parigi resta centrale, ma Nicolas Sarkozy è visto come un lea­der che cambia bicicletta a seconda del­l’utilità. A Londra, Gordon Brown è in difficoltà e il suo probabile successore, il conservatore David Cameron, sembra preparare il filibustering contro la Ue. Un rapporto stretto con l’Italia sui temi europei sarebbe dunque apprezzato. «Ma il vostro governo è partito con gran­di ambizioni di politica estera — sostie­ne un ex ministro tedesco — Voleva subi­to entrare nel gruppo 5+1 che tratta con l’Iran, non c'è riuscito e da allora non si è capito più niente».

L’eccentricità di Berlusconi e il machi­smo dei dibattiti nazionali sono sottoli­neati. Pochi giorni fa, il quotidiano di centrosinistra Süddeutsche Zeitung nota­va che la Germania sarà governata da una donna (Merkel) e da un uomo di­chiaratamente gay (Guido Westerwelle): «Sarebbe impossibile in Italia», chiosa­va. «Ma il vostro è un Paese pieno di sor­prese — sorride un diplomatico — Tra l'altro, too big to fail », troppo grande per finire nel pozzo. In ogni caso, non sarà la Germania a spingerlo.

C'è un grave ritardo, per non parlare d'inerzia, nel modo in cui l'Italia reagisce all'emergere della nuova architettura glo­bale », dice Charlie Kupchan, già diretto­re degli Affari europei nella Casa Bianca di Bill Clinton, ora al Council on Foreign Relations e molto vicino all'Amministra­zione Obama. «Non è una questione solo italiana — precisa —, tutti i governi d'Eu­ropa sono ripiegati verso le rispettive si­tuazioni interne, vuoi a causa di coalizio­ni eterogenee, vuoi per la presenza di pro­fonde divisioni nell'elettorato. Sembrano avere poco tempo per pensare alle grandi questioni del momento, come l'Afghani­stan, i rapporti con la Cina, l'Iran. Assi­stiamo di fatto a una rinazionalizzazione della vita politica. Nel caso dell'Italia, ciò viene amplificato dalla specifica situazio­ne di Berlusconi, il quale a mio avviso ha fin qui sprecato le opportunità che gli ha offerto l'elettorato, nel 2001 e nel 2008: non ha speso il capitale politico che ave­va a disposizione». Kupchan ammette che l’Europa ha un «problema struttura­le », di fronte ai grandi smottamenti in corso nel quadro geopolitico del pianeta.

Ma l'handicap strutturale per Kupchan non spiega tutto: «L'economia italiana ha bisogno di una drastica mo­dernizzazione, riforme sono necessarie in molti campi, pensioni, ricerca, tasse. E c'è un lavoro immenso, soprattutto a sini­stra, quanto alla ricostruzione di coalizio­ni politiche omogenee. Detto altrimenti: o si adegua alle realtà e alle sfide del XXI secolo, o la diminutio già in corso subirà un'ulteriore accelerazione».

(tratto da Corriere della Sera del 5 Ottobre, vari articoli)