venerdì 29 maggio 2015

Arbea: la Condanna della Corte dei Conti.

Sent. n. 30/2015                        REPUBBLICA ITALIANA

                              IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                                      LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA BASILICATA

      composta dai seguenti Magistrati:
       Dott. Maurizio TOCCA                        Presidente
      Dott. Vincenzo PERGOLA               Consigliere relatore
      Dott. Giuseppe TAGLIAMONTE      Consigliere
      ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 8141 del Registro di Segreteria, ad istanza della Procura regionale presso questa Sezione nei confronti di DI MAURO Gabriele, nato a Tramutola (PZ) il 20/08/1941 C.F.: DMRGRL41M20L326O, rappresentato e difeso dagli avv.ti MATTEO PUGLIESE Francesco , TOMASSETTI Domenico e FALCO Fabio ed elettivamente domiciliato presso lo  studio dell’avv. MATTEO PUGLIESE Francesco  sito in Potenza in P.zza Mario Pagano n. 118; FRESCHI Andrea, nato a Napoli il 05/12/1959  C.F.: FRSNDR59T05F839U, rappresentato e difeso dall’avv. BASILE Pietro ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza in P.zza Mario Pagano n. 8; COLANGELO Rocco, nato ad Avigliano (PZ) il 18/05/1946 C.F.: CLNRCC46E18A519J, rappresentato e difeso dall’avv. FERRARA Domenico Antonio ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza  in Via della Tecnica n. 24; TARDI Luigi, nato ad Acerra (NA) il 02/03/1929 C.F.: TRDLGU29C02A024Q, rappresentato e difeso dall’avv. BUSCICCHIO Giuseppe ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. PEDOTA Gerardo sito in Potenza in Corso Garibaldi n. 32; ALBANO Paolo Antonio, nato a Potenza il 07/01/1949 C.F.: LBNPNT49A07G942V, rappresentato e difeso dall’avv. ALBANO Antonia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Potenza in Via Vaccaro n. 9; PELLEGRINO Andrea, nato a Venosa (PZ) il 29/11/1956 C.F.: PLLNDR56S29L738D, rappresentato e difeso dall’avv. BUSCICCHIO Giuseppe ed elettivamente domiciliato presso lo studio  dell’avv. PEDOTA Gerardo sito in Potenza in Corso Garibaldi n. 32;
Visto l’atto introduttivo del giudizio ed esaminati tutti gli  altri atti e documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 21 aprile 2015,  con l’assistenza del Segretario dott. Angela Micele, il relatore dott. Vincenzo   Pergola, il   Pubblico   Ministero   nella   persona   del Procuratore  Regionale              dott. Michele Oricchio e gli avv.ti Tomassetti, Ferrara (anche su delega dell’avv. Basile), Buscicchio ed Albano per i convenuti;
Ritenuto in
FATTO
Riferisce la Procura contabile che a seguito di plurime segnalazioni di episodi di cattiva gestione delle funzioni amministrative e delle coerenti risorse economiche attribuite all’ARBEA (Agenzia Regione Basilicata erogazioni in agricoltura), concentrava l’attenzione sulle vicende relative alle c.d. P.O.C. (posizioni organizzative complesse) ed in particolare all’erogazione dell’indennità di risultato liquidata ai titolari delle stesse; pertanto conferiva delega istruttoria alla Guardia di Finanza, Nucleo Polizia Tributaria di Potenza, che riferiva sugli accertamenti svolti con rapporto n. 942 del 2.2.2013, versato in atti.
Nel ricostruire la vicenda per cui è causa, l’attore premette che l’ L’ARBEA è un organismo strumentale della Regione Basilicata – istituito con l. regionale n. 15/2001, modificata con l.r. n. 14/2005 – deputato, tra l’altro, all’istruttoria delle domande di pagamento a favore degli operatori agricoli lucani, nel quadro dei regolamenti comunitari di settore, ed al pagamento dei previsti contributi, fino a quando il Ministero delle Politiche agricole e forestali, con decreto n.5166 del 12.05.2010, dispose la revoca della funzione di organismo pagatore.
Il Direttore di ARBEA è designato dal Consiglio Regionale, su indicazione della Giunta, e, tra i suoi compiti, vi è anche quello di conferire le  “posizioni organizzative complesse” (POC) previste dall’art.8 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del Comparto Regioni – Autonomie Locali del 31.03.1999; le POC sono incarichi conferiti al personale inquadrato nell’area “D” per lo svolgimento di attività che implicano elevate capacità culturali e professionali, elevato grado di esperienza, nonché autonomia gestionale e organizzativa, che comportano l’attribuzione una retribuzione stabilita dallo stesso contratto innanzi richiamato (art.10), con una retribuzione di posizione, corrisposta in 13 mensilità, ed una di risultato fissata in una percentuale dal 10% al 25% della retribuzione di posizione: quest’ultima viene corrisposta solo nel caso di valutazione positiva effettuata dal dirigente in uno al nucleo di valutazione.
Riferisce, in particolare, il Requirente che in seno all’ARBEA le POC risultano introdotte con decreto n.9 del 25/01/2007 del Direttore dell’epoca, Dott. Gabriele Di Mauro, che poi, “con i decreti dal n.27 al n.35 del 06/08/2008 provvedeva alla liquidazione della retribuzione di risultato per l’anno 2007 per i titolari di posizione organizzativa.
Analogamente avveniva per l’anno 2009…..
Con decreto n.65 il direttore p.t. provvedeva altresì all’attribuzione delle indennità di risultato per l’anno 2010”.
Successivamente, Andrea Freschi - subentrato nella gestione dell’Agenzia regionale, dal giugno 2010 come Commissario Straordinario e da novembre 2010 a febbraio 2012 come Direttore - provvide alla liquidazione dell’indennità di risultato relativa all’annualità 2010, ai titolari di POC, con decreto n. 87 del 5.5.2011.
L’indennità di cui trattasi relative alle annualità 2011 e 2012 sono state liquidate rispettivamente con decreti n. 70 del 10.5.2012 e n. 47 del 16.4.2013 da Rocco Colangelo, che ha svolto la funzione di Commissario Straordinario dell’ARBEA da marzo 2012 e di Direttore dal 2.5.2012.
Su specifica richiesta istruttoria del P.M. contabile, l’Arbea ha provveduto a comunicare l’entità delle indennità di risultato corrisposte alle POC negli anni dal 2008 al 2013 (con riferimento al periodo 2007 2012), riportata nel seguente prospetto:

ANNO
 2008
(x 2007)
ANNO 2009
(x2008)
ANNO 2010
(x2009)
ANNO 2011
(x2010)
ANNO 2012
(x2011)
ANNO 2013
(x2012)

Cognome
Importo annuo indennità di risultato PO
Importo annuo indennità di risultato PO
Importo annuo indennità di risultato PO
Importo annuo indennità di risultato PO
Importo annuo indennità di risultato PO
Importo annuo indennità di risultato PO
Totale









CLAPS
€ 3.043,70
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€18.262,15
NEVOLA
€ 2.707,90
€ 2.707,90




€ 5.415,80
PICARDI
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€16.247,40
ROMEO
€ 3.043,70
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€18.262,15
TUTINO
€ 3.043,70
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€ 3.043,69
€18.262,15
GIORGIO MARRANO
€ 1.750,00
€ 1.750,00
€ 1.750,00
€ 1.750,00
€ 1.750,00
€ 1.750,00
€ 8.750,00
SANTARSIERO
€ 2.707,90
€ 1.353,09




€ 4.060,99
DILILLO
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€ 2.707,90
€16.247,40
LAROCCA
€ 1.448,13





€ 1.448,13
COCOLA






€ 0,00
Totale
€23.160,83
€20.357,86
€16.296,87
€16.296.87
€16.296,87 
€16.296,87 
€108.706,17

Secondo la tesi accusatoria, il suddetto  complessivo  esborso pari ad
108.706,17, costituisce   un    danno    per   le    finanze   dell’Agenzia
 regionale in quanto sarebbe frutto di una illegittima corresponsione ad alcuni dipendenti di un’importante voce accessoria della retribuzione in assenza dei presupposti di legge e contrattuali che ne legano indissolubilmente la corresponsione alla valutazione della professionalità dimostrata attraverso l’esame del grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati ulteriori e distinti dal regolare espletamento delle mansioni alle quali si è assegnati; invece, presso l’ARBEA, l’indennità di risultato risulterebbe essere divenuta - per le P.O.C. - una voce fissa aggiuntiva della retribuzione in palese contrasto con ogni canone di buona amministrazione e normativa di settore.
L’attore individua poi, quali fonti del suddetto danno, le concorrenti condotte poste in essere dai direttori (o commissari) succedutisi dal 2007 in poi, e nei componenti del nucleo di valutazione dell’ARPAB (invariati nel periodo di riferimento) per avere posto in essere attività commissive od omissive connotate da inescusabile negligenza della normativa di settore nonché dei compiti rispettivamente affidati nell’espletamento dell’incarico ricevuto, puntualizzando: “In particolare il Di Mauro , prima, il Freschi poi e - buon ultimo - il Colangelo - nelle rispettive qualità di direttori o commissari - hanno introdotto e mantenuto in vita un sistema di individuazione delle P.O.C. in ARBEA scisso da precisi ed obiettivi requisiti tali da rasentare l’arbitrarietà e, soprattutto, hanno consentito la corresponsione ai dipendenti rivestenti tale qualifica di percepire consistenti indennità di risultato senza alcuna previa predeterminazione degli obiettivi e, a consuntivo, valutazione del raggiungimento degli stessi…. I direttori e/o commissari p.t. odierni convenuti hanno con comportamento inescusabilmente negligente dei propri doveri di garantire l’efficienza dell’amministrazione  affidata alle loro cure (e dell’utilizzo delle relative risorse pubbliche) hanno sostanzialmente ignorato l’esigenza inderogabile di fissare ad inizio di ogni anno obiettivi sostanziali da raggiungere per le P.O.C., diversi ed ulteriori rispetto all’ordinario espletamento dei doveri d’ufficio ritenendo sempre bastevoli negli anni semplici autorelazioni dalla cui lettura non si evince, peraltro, alcun particolare risultato raggiunto in un ente che – peraltro - è stato ripetutamente commissariato”.
Circa l’elemento soggettivo dell’invocata responsabilità dei componenti del Nucleo di Valutazione (Tardi, Albano e Pellegrino), deduce l’attore pubblico: “Tale grave comportamento è stato, peraltro, sempre avallato dal nucleo di valutazione che, formato sempre dagli stessi componenti nell’intero periodo attenzionato, da ultimo anche in prorogatio - non ha mai sollevato rilievi a tale sistema come sarebbe stato in suo dovere: la lettura dei verbali delle sedute dedicate alla problematica delle indennità di risultato alle POC  è assolutamente istruttiva e da essa si evince che il nucleo ha sempre ritenuto sufficienti le auto relazioni dei dipendenti rivestenti la qualifica di P.O.C., ai fini dell’espressione di pareri favorevoli (obbligatori ma non vincolanti) alla liquidazione  delle relative indennità di risultato, sempre nella misura massima consentita…… In tale condotta si è concretizzato - ad avviso di questo P.M. - un evidente comportamento omissivo gravemente violativo degli obblighi di concreta valutazione che la legge e le norme contrattuali assegnano a detti nuclei e che ne connotano la ragione giustificativa dell’esistenza: i relativi componenti (Tardi, Albano e Pellegrino) appaiono tanto più corresponsabili del danno qui ipotizzato in quanto sono stati in carica per tutto il periodo di riferimento e - per oltre un quinquennio - non risultano avere mai segnalato alcuna sia pur elementare criticità nel funzionamento del meccanismo retributivo accessorio delle P.O.C. che da premiale era stato trasformato dai direttori in fisso!”.
Per quanto riguarda la ripartizione dell’addebito, specifica l’atto introduttivo del giudizio: “Il danno ipotizzato come sopra quantificato, maggiorato degli accessori di legge, all’esito dell’espletata istruttoria va posto a carico dei direttori/commissari p.t. nella misura di due terzi del totale in relazione ai provvedimenti di liquidazione da ciascuno rispettivamente adottati e per il restante terzo ai componenti del  nucleo di valutazione (in parti uguali), come da sottoestesa specifica…..
Il danno che ne è conseguito pari ad € 108.706,17 oltre accessori di legge, va così addebitato:
DI MAURO Gabriele: € 39.877,04.
FRESCHI Andrea: € 10.864,58
COLANGELO Rocco: € 21.729,16
TARDI Luigi: € 12.078,46
ALBANO Paolo Antonio: € 12.078,46
PELLEGRINO Andrea: € 12.078,46”.
Pertanto l’attore pubblico ha concluso affinchè gli odierrni convenuti siano condannati al pagamento in favore dell’ARBEA della somma complessiva di €.108.706,17, ripartita come innanzi specificato, maggiorata degli accessori di legge e spese di giustizia.
In difesa del dott. Di Mauro si sono costituiti in giudizio gli avv. Matteo Pugliese, Basile e Falco, depositando il 18.6.2014 memoria nella quale innanzitutto eccepiscono la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno relativo all’indennità riferita all’anno 2007, in quanto il pagamento è stato disposto con decreti direttoriali nn. 27/35 del 9.5.2008, e l’invito a dedurre è stato notificato il 31.7.2013. Nel merito i difensori ha dedotto  che, contrariamente a quanto sostenuto dalla procura contabile, nella fattispecie all’esame non vi era alcun bisogno di determinazione annuale degli obiettivi, “poiché contenuti nei Regolamenti comunitari che si applicano direttamente all’ARBEA”.
La difesa ha poi chiesto che sia dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria relativa all’indennità riferita all’anno 2008, per violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c e degli artt. 1 e ss del R.D. n. 1038/1933; evidenzia al riguardo che da parte dell’attore non viene indicato alcun atto, alcun comportamento, alcun pregiudizio oltre alla laconica frase riferita all’anno precedente “analogamente avveniva per l’anno 2009”. Il difensore si è poi dilungato ad evidenziare come nella fattispecie non sussista sia l’elemento soggettivo della colpa grave, sia un nesso di causalità tra il comportamento del dott. Di Mauro e l’eventuale danno, in quanto il Direttore pro tempore si è limitato ad approvare le proposte dei Dirigenti in presenza di un parere favorevole del Nucleo di valutazione, e quanto innanzi rileva anche per l’applicazione della c.d. esimente politica prevista dall’art. 1, comma 1 ter, della l.n. 20/1994, secondo la quale sono esenti da responsabilità gli organi politici che abbiano approvato in buona fede atti degli uffici tecnici o amministrativi. Pertanto la difesa ha concluso in via principale per il rigetto dell’avversa domanda, chiedendo in subordine l’applicazione del c.d. “potere riduttivo”.
In difesa del dott. Freschi si è costituito in giudizio l’avv. Basile, depositando in data 18.6.2014 memoria nella quale sostiene che nei confronti del suo assistito difetta sia l’elemento soggettivo che quello oggettivo dell’invocata responsabilità. In particolare, ha dedotto la legittimità del provvedimento con il quale il suo assistito ha disposto la corresponsione dell’indennità di risultato, considerato che l’art. 10 del CCNL all’epoca vigente, imponeva soltanto una valutazione dei risultati raggiunti, che non implica necessariamente una predeterminazione degli obiettivi, ma può comunque essere svolta con un’analisi a consuntivo dell’attività svolta. Il difensore si è poi dilungato ad evidenziare il difficile contesto nel quale il suo assistito ha svolto l’incarico prima di commissario e poi di Direttore; infatti il 2010 è stato l’annus horribilis per l’Arbea, nel quale sono state revocate le funzioni di organismo pagatore, ha perso in data 20 dicembre ben tre dirigenti, ed ha dovuto perseguire il risultato di “scongiurare il paventato rischio di disimpegno automatico connesso all’applicazione della regola comunitaria dell’n+2” (disimpegno automatico delle risorse economiche non tempestivamente utilizzate); risultato, quest’ultimo, poi effettivamente conseguito, come si evince dalla depositata  relazione dell’Assessore regionale all’Agricoltura al Consiglio regionale nella seduta del 18.1.2011. Dopo aver evidenziato che il suo assistito ha assecondato le legittime aspettative dei dipendenti, sulla base degli ottimi risultati conseguiti nel periodo di riferimento, e conformemente al parere espresso dal Nucleo di Valutazione, così che non è ipotizzabile nei suoi confronti la sussistenza sia dell’elemento soggettivo che quello oggettivo dell’invocata responsabilità, il difensore ha concluso per il rigetto dell’avversa domanda, invocando in subordine l’applicazione del c.d. “potere riduttivo”.
Nell’interesse del dott. Colangelo si è costituito in giudizio l’avv. Ferrara, depositando in data 18.6.2014 memoria nella quale innanzitutto formula rilievi critici alla impostazione puramente formale della tesi accusatoria, in quanto tutta formata sulla necessità del confezionamento preventivo di determinati obiettivi, tralasciando la legittima possibilità di constatare comunque a consuntivo i risultati prestazionali conseguiti, non identificabili né sovrapponibili con l’ordinaria attività dell’Ufficio. Il difensore ha poi sottolineato che negli anni riferibili alla direzione del dott. Colangelo – comunque caratterizzati dal noto stato di crisi dell’Agenzia, che aveva l’obbiettivo strategico di evitare il disimpegno delle somme non tempestivamente utilizzate – sono stati puntualmente soddisfatti sia gli oneri di natura formale , in tema di individuazione degli obiettivi, sia gli adempimenti valutativi di natura sostanziale, tesi alla verifica del conseguimento di determinati risultati prestazionali. Infatti, con riferimento all’annualità 2011, gli obiettivi erano stati assegnati a ciascun titolare di POC dal precedente Direttore (come risulta dalle depositate e-mail del 1.7.2011), ed il dott. Colangelo, insediatosi nella carica soltanto a metà dell’anno successivo, non ha potuto far altro che portare a termine un procedimento che non evidenziava profili di irregolarità.
L’attenzione da parte della Direzione dell’ARBEA in materia valutazione del personale emerge ancora più nettamente con riferimento al procedimento relativo all’annualità 2012, “quando, dopo aver confermato gli obiettivi già stabiliti per l’anno precedente sino ad una loro eventuale riformulazione e/o aggiornamento (cfr nota prot. 2012-0002532 dell’8 maggio 2012….) il nuovo direttore dell’Agenzia , di intesa con il Nucleo di valutazione … ha prodotto uno sforzo specifico di perfezionamento degli strumenti e dei metodi di valutazione delle performances individuali…”; in tale contesto il dott. Colangelo provvedeva poi ad una puntualizzazione degli obiettivi assegnati a ciascuna POC con nota n. 7728 del 12.11.2012. La difesa ha pertanto concluso in via principale per il rigetto dell’avversa domanda, invocando in subordine l’applicazione del c.d. “potere riduttivo” che tenga conto del concorso causale al danno di coloro che avrebbero indebitamente percepito la retribuzione di risultato, non evocati in giudizio dall’attore.
In difesa del dott. Tardi e del rag. Pellegrino (rispettivamente Presidente e componente del Nucleo di Valutazione) si è costituito in giudizio l’avv. Buscicchio, depositando distinte memorie in data 17.6.2014, ed in difesa del dott. Paolo Antonio Albano (componente del Nucleo di Valutazione) si è costituito in giudizio l’avv. Antonia Albano  depositando memoria in data 18.6.2014. I difensori hanno eccepito preliminarmente l’avvenuta prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno relativo all’annualità 2007, soffermandosi anche a negare valenza interruttiva del decorso del relativo termine al c.d. “invito a dedurre” in quanto atto preprocessuale. Hanno poi dedotto la piena legittimità dell’operato del  Nucleo di Valutazione, che ha fatto corretta applicazione dell’art. 10, comma 3, del CCNL 1999 che laconicamente prevede l’attribuzione della retribuzione di posizione “a seguito di valutazione annuale”, espressione dalla latitudine molto ampia, che non implica necessariamente una predeterminazione degli obiettivi. I difensori si sono poi soffermato ad argomentare circa l’inidoneità, sotto il profilo eziologico, delle valutazioni espresse dal Nucleo di Valutazione ad incidere sulla eventuale produzione di un danno erariale, atteso che, come ammesso dalla stessa Procura, sul punto il Nucleo è chiamato ad emettere un parere obbligatorio ma non vincolante, per cui l’eventuale responsabilità è eziologicamente collegabile ai decreti del Direttore, competente alla erogazione dell’emolumento, che poteva, motivando, anche disattendere il parere.
Circa le singole annualità contestate, i difensori hanno sottolineato che per il 2012 ed il 2011, il Nucleo ha espresso il proprio parere sulla base di obiettivi predeterminati dai competenti Direttori, come si evince dai verbali delle riunioni, mentre per quanto concerne le annualità precedenti – in cui l’Agenzia ha operato in un contesto di grave difficoltà – la fissazione di obiettivi gestionali ulteriori rispetto a quelli “istituzionali”, deve ritenersi in re ipsa nell’assegnazione delle POC (c.d. atto implicito).
Le difese dei componenti il Nucleo di Valutazione, dopo aver ribadito l’eccezione di parziale prescrizione, hanno concluso in via principale perché i loro assistiti vengano assolti dai contestati addebiti, chiedendo poi in via gradata l’applicazione del potere riduttivo e che si tenga conto delle utilità comunque conseguite dall’Amministrazione, ai sensi dell’art. 1, comma 1bis, della l.n. 20/1994.
All’esito della precedente udienza del 14 luglio 2014, non ritenendosi la causa ancora matura per la decisione, fu emessa l’ordinanza istruttoria n. 7/2014 al fine di acquisire copia dei mandati con cui fu disposto il pagamento dell’indennità di risultato relativa all’anno 2007, nonché copia dei CCDI (Contratto Collettivo Decentrato Integrativo) del personale  non dirigente dell’ARBEA, sottoscritti dal 1999 al 2009.
Espletato il suddetto incombente istruttorio, su istanza della Procura datata 13.11.2014, è stata fissata l’odierna udienza per la prosecuzione del giudizio.
I difensori del convenuto Di Mauro hanno depositato il 31.3.2015 memoria integrativa, nella quale innanzitutto evidenziano che la documentazione acquisita in esecuzione dell’ordinanza istruttoria ha confermato la fondatezza dell’eccezione di prescrizione precedentemente sollevata con riferimento al danno relativo all’anno 2007, considerato che anche il mandato di pagamento dell’indennità di risultato (n. 309 del 21.5.2008) è stato emesso oltre cinque anni prima del primo atto interruttivo della prescrizione quinquennale, da identificarsi nel c.d. invito a dedurre, notificato il 31.7.2013. I difensori hanno poi ulteriormente ribadito gli argomenti difensivi esposti nella precedente memoria di costituzione e replica, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
All’odierna pubblica udienza, il P.M. ha sostenuto che gli atti acquisiti in seguito all’ordinanza istruttoria hanno confermato la fondatezza della tesi accusatoria esposta in citazione, puntualizzando, circa l’eccezione di prescrizione sollevata relativamente all’annualità 2007, che il fatto dannoso è emerso soltanto con la trasmissione alla Procura contabile del rapporto della Guardia di Finanza del 4/2/2013, non avendo avuto la Procura stessa precedenti notizie dall’Amministrazione danneggiata.
I difensori dei convenuti, nell’intervento in udienza, hanno ulteriormente illustrato gli argomenti svolti negli atti scritti precedentemente depositati, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
Considerato in
D I R I T T O
Va innanzitutto scrutinata l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno riferito al pagamento dell’indennità di risultato relativa all’annualità 2007, avanzata dai difensori dei convenuti, in ordine alla quale, il P.M., nell’intervento in udienza,  ha evidenziato che il fatto dannoso è emerso soltanto con la trasmissione alla Procura contabile del rapporto della Guardia di Finanza del 4/2/2013, non avendo avuto la Procura stessa precedenti notizie dall’Amministrazione danneggiata.
Al  riguardo è utile ricordare che il contrasto nella giurisprudenza della   Corte   dei   conti,   tra   il   criterio   della  conoscibilità obiettiva dell’evento dannoso e quello della conoscenza effettiva, per individuare il dies a quo della decorrenza del termine di  prescrizione, è stato da tempo superato con adesione della prevalente giurisprudenza ai principi fissati dalle Sezioni Riunite con la sentenza n. 743/A/1992 che hanno fornito l’opzione interpretativa sulla base del primo degli indicati criteri.
La copiosa giurisprudenza formatosi sul solco della succitata pronuncia delle Sezioni Riunite ha evidenziato che, per l’individuazione dell’esordio della prescrizione, assume rilievo la conoscibilità in seno all'Amministrazione dell’evento dannoso; su quest’ultima incombe l'obbligo di denuncia, con correlativa responsabilità, per i casi di omesso o ritardato adempimento dello stesso. Detto indirizzo si pone in sintonia con i più generali principi affermati dalla Corte di Cassazione che, dalla riconosciuta funzione, propria dell’istituto della prescrizione, di garanzia di certezza del diritto, ha fatto discendere la prevalenza del principio della “conoscibilità oggettiva” dell'evento dannoso rispetto a quello della conoscenza effettiva, fondata sulle disposizioni testuali che attribuiscono rilievo giuridico alla scoperta del danno soltanto in caso di doloso occultamento del debito (per tutte, Cass. Civ. n. 326/1989, n. 1442/1983, n. 1716/1979).
Dopo l'entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, della l. 14 gennaio 1994, n. 20, nel testo modificato dall'art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, nella l. 20 dicembre 1996 n. 639, secondo cui il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta, l’enunciato approdo giurisprudenziale si è ulteriormente consolidato.
Infatti, nel silenzio dei lavori preparatori, la giurisprudenza ha ritenuto che il legislatore, con la suindicata disciplina, abbia voluto ribadire il principio della decorrenza della prescrizione dal momento della conoscibilità obiettiva del danno, restando salvo il principio della conoscenza effettiva “solo" in caso di occultamento doloso del danno (ex plurimis: Sez. I n. 427/2003, n. 104/2006,  Sez.III n. 32/2002,                n. 311/2004).
Lo spostamento in avanti del momento di esordio del termine prescrizionale, sino alla effettiva conoscenza dell’evento dannoso dolosamente occultato, posto dalla novella legislativa innanzi richiamata, appare coerente con la disposizione ex art. 2935 c.c., che esclude la decorrenza della prescrizione nel tempo in cui il diritto non può essere fatto valere, solo in presenza delle cause giuridiche impeditive dell'esercizio di tale diritto e non anche dei semplici ostacoli fattuali, fra i quali l'ignoranza del titolare in ordine alla sussistenza del suo diritto (Cass. civ. sez. IIIn. 1480/1995).
Ha precisato la giurisprudenza che il doloso occultamento del danno non coincide con la commissione dolosa del fatto dannoso, ma richiede un'ulteriore condotta indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto e che, comunque, perché di occultamento doloso si possa parlare, occorre un comportamento che, pur se può comprendere la causazione del fatto dannoso, deve tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire il disvelamento di un danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto (ex plurimis cfr: Sez. I n. 40/2009, Sez. III n. 311/2004, n. 474/2006, n. 480/2007, Sez. Veneto n. 992/2005, Sez. Puglia n. 339/2010, Sez. Basilicata n. 47/2012, n. 91/2012).
Tanto premesso, rileva il Collegio che, nella fattispecie, l’attore non ha addotto alcun comportamento dei convenuti specificamente diretto all’occultamento del danno, né tale comportamento emerge  dagli atti acquisiti al fascicolo di causa, mentre non assume rilievo, per i principi innanzi esposti, il momento nel quale la Procura ha avuto notizia del “fatto dannoso”.
Conseguentemente, nella fattispecie all’esame, il “fatto dannoso” si è perfezionato con il pagamento dell’indennità di risultato,  momento in cui si è realizzato anche l’elemento oggettivo dell’invocata responsabilità.
Pertanto, constatato che il pagamento dell’indennità di risultato è stato disposto con mandato n. 309 del 21/5/2008, e che il primo atto interruttivo della prescrizione è il c.d. “invito a dedurre” - contenente esplicita costituzione in mora ex art. 2943 c.c. - notificato ai convenuti nel periodo tra l’ 1 ed il  12 agosto 2013, quindi, oltre il termine quinquennale previsto dall’art. 1, comma 2, della l. n. 20/1994 e successive modifiche, va dichiarata la prescrizione del diritto al risarcimento esercitato dalla Procura contabile relativamente al danno afferente l’annualità 2007.
Assume carattere preliminare l’eccezione, avanzata dal difensore del convenuto Di Mauro, di inammissibilità della domanda risarcitoria relativa all’indennità riferita all’anno 2008, per violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c e degli artt. 1 e ss del R.D. n. 1038/1933; evidenzia al riguardo che da parte dell’attore non viene indicato alcun atto, alcun comportamento, alcun pregiudizio oltre alla laconica frase riferita all’anno precedente “analogamente avveniva per l’anno 2009”.
Sul punto, è opportuno ricordare brevemente, che le ipotesi di nullità della citazione risultano tipizzate dal legislatore, e che, in particolare, l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede, quali elementi dell’atto introduttivo “la esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della domanda e l'indicazione dei titoli su cui è fondata”, e che ai sensi del successivo art. 3 “si ha nullità della citazione qualora vi sia assoluta incertezza sull'oggetto della domanda”, mentre l’art. 163 c.p.c., - evocabile a fini di integrazione ex art. 26 del medesimo R.D. n. 1038/33 - con norma sostanzialmente sovrapponibile  richiede, a pena di nullità, “3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”.
Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di assicurare un compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che vi sia assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto valere.
Tale verifica, però, deve effettuarsi, da parte del Giudice, attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti allegati (cfr. Cass. civ. sez. I n. 17023/03) con la conseguenza che una valutazione in termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere fatta solo allorché l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il diritto costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa.
Ritiene il Collegio che, sulla base dei principi innanzi esposti, non sia ravvisabile nella fattispecie all’esame, la nullità della citazione dedotta dal difensore.
Infatti la citazione, dopo aver compiutamente esposto il danno reclamato in restituzione relativo all’anno precedente e le ragioni a fondamento della sua richiesta, senza che sia stata sollevata alcuna censura di indeterminatezza della domanda risarcitoria, sinteticamente deduce che al convenuto Di Mauro vanno contestati gli stessi comportamenti anche per l’anno successivo – depositando il decreto n. 135 del 18.6.2009 con il quale il convenuto ha  liquidato anche l’indennità per cui è causa, nonché il relativo mandato di pagamento n. 412/2009, riportante quale causale “indennità di risultato posizioni organizzative anno 2008” (cfr pagg. 108 e seguenti dei documenti depositati dall’attore) – specificando ulteriormente il “petitum” nell’analitico prospetto riassuntivo riportato a pag. 14 della citazione.
Pertanto, constatato che contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, l’attore ha adeguatamente individuato  il comportamento contestato al convenuto, anche se con rinvio alle considerazioni svolte relativamente all’anno precedente, depositando gli atti nei quali il comportamento censurato si è concretizzato, specificando poi il relativo petitum anche per mezzo del surrichiamato prospetto, si deve ritenere che la parte della domanda relativa all’indebito pagamento dell’indennità di risultato relativo all’anno 2008 contenga una sufficiente esposizione della causa petendi e del petitum, così da permettere l’approntamento di un’adeguata ed informata difesa, e conseguentemente l’eccezione difensiva di nullità della citazione va respinta.
Passando all’esame del merito, come più ampiamente esposto in narrativa, l’attore pubblico contesta agli odierni convenuti di aver concorso all’indebita corresponsione ai titolari di P.O.C. (posizioni organizzative complesse) dell’indennità di risultato, senza la necessaria previa definizione degli obiettivi gestionali da conseguire nel periodo di riferimento.
Le difese, con varie argomentazioni, hanno sostanzialmente sostenuto che la previa definizione degli obiettivi non era elemento indispensabile per la legittima liquidazione dell’indennità di cui trattasi.
Le tesi difensive non meritano condivisione.
A prescindere dal considerare i principi generali posti dalle norme di riforma del pubblico impiego, tra le quali l’art. 3 del d. lgs. n. 29/1993 e l’art. 4 del d. lgs n. 165/2001 che demandano agli organi di governo di ciascuna Amministrazione la definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, giova sottolineare che l'istituto della retribuzione di risultato - la quale, insieme con la retribuzione di posizione forma il trattamento economico accessorio del personale - è strutturato come forma di incentivazione della produttività ed è perciò collegato alla presenza di condizioni particolarmente stringenti, tra i quali, la disciplina recata dalla contrattazione collettiva e la costante giurisprudenza della Corte dei conti, ha costantemente contemplato la previa specifica definizione degli obiettivi da conseguire (ex plurimis: Sez. Abruzzo n. 239/2006, Sez. Veneto n. 1158/2006, Sez. Basilicata n. 25/2013, Sez. II appello n. 387/2014).
Anche la specifica disciplina della materia vigente presso l’ARBEA all’epoca dei fatti per cui è causa depone nel senso innanzi indicato:
- la delibera della Giunta regionale della Basilicata n. 1157 /2003, che ha approvato il Contratto Collettivo Decentrato per il personale regionale – applicabile anche al personale dell’ARBEA in conseguenza del richiamo ad essa operato nella deliberazione n. 114/2003 adottata dal Direttore dell’Agenzia Di Mauro, ed avente ad oggetto “Adeguamento retribuzioni posizioni organizzative …” – nell’allegato C.C.D., all’art. 3, punto G) avente ad oggetto “Indennità Risultato P.O.” prevede una valutazione con una graduazione dei punteggi che presuppone la preventiva definizione quantitativa degli obiettivi;
- alla deliberazione n. 1 del 14.1.2004, adottata dallo stesso dott. Di Mauro e concernente la contrattazione decentrata integrativa, è allegato il “Contratto Collettivo Decentrato Integrativo ARBEA” che all’art. 17, nel disciplinare il sistema di valutazione, prevede espressamente la necessità di “Comunicare al dipendente cosa ci si aspetta da lui (obiettivo)”, specificando poi, tra l’altro, che il procedimento di valutazione deve: “a) Definire gli obiettivi strategici, b) Identificare le basi per la misurazione delle prestazioni”;
- la delibera n. 9 del 25.1.2007, sempre adottata dal Direttore dott. Di Mauro, nell’allegato denominato “Definizione e declaratorie delle P.O. dell’Agenzia”, tra i compiti demandati al Direttore prevede, al punto 4: “Definisce gli obiettivi e ne verifica il conseguimento”;
- al successivo decreto del Direttore Di Mauro n. 43/2010 sono allegati i “Criteri e Metodologia di incentivazione e valutazione del Personale” che prevedono espressamente quale prima fase del procedimento valutativo la “Definizione e valutazione ponderata degli obiettivi assegnati alla posizione organizzativa”.
Pertanto, a fronte di un quadro normativo che inequivocabilmente richiedeva la preventiva definizione e comunicazione a ciascun titolare di P.O.C. degli obiettivi gestionali da conseguire, non può che essere qualificato come gravemente colposo il comportamento di coloro che hanno concorso al pagamento della voce accessoria della retribuzione indissolubilmente legata alla verifica del conseguimento di predeterminati obiettivi, pur in palese assenza di essi, ma sulla base di relazioni autoreferenziali prodotte dagli stessi destinatari dell’indennità di risultato.
Passando a vagliare le ipotesi di responsabilità rappresentate dall’attore pubblico distintamente per ciascun anno, fermo restando quanto detto circa la prescrizione relativa all’annualità 2007, va ritenuta come gravemente colposa la liquidazione dell’indennità di risultato ai titolari di P.O.C. relativa agli anni 2008 e 2009, disposta dal Direttore Di Mauro rispettivamente con provvedimenti n. 135/2009 e n. 65/2010, pur in manifesta assenza di obiettivi gestionali predeterminati.
Né nei confronti del predetto appare applicabile la c.d. esimente politica prevista dall’art. 1, comma 1 ter, della l.n. 20/1994, invocata dai difensori di Di Mauro, evidenziando che il loro assistito ha agito su proposte dei Dirigenti ed in presenza di un parere favorevole del Nucleo di valutazione.
Circa la c.d. “esimente politica”  prevista dall’art. 1, c. 1 ter della l.n.                   20/1994 (nel testo novellato dalla l.n. 639/1996), va brevemente ricordato che, come è noto, essa trova la propria “ratio  nella necessità di dare efficace attuazione al principio di separazione funzionale tra organi politici ed organi amministrativo-tecnici preposti alla gestione, introdotto nell’ordinamento dall’art. 51 della L.n. 142/1990 di riforma dell’ordinamento degli EE.LL e poi confermato dall’art. 2 del d.lgs                    n. 29/1993 . Conseguentemente, il succitato art. 1, c. 1 ter della                   l.n. 20/1994  prevede che “Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”. Pertanto alla norma va data un’interpretazione coerente con la surrichiamata “ratio legis”, così da contenere i limiti della disposta esimente nell’ambito dei soli atti rientranti nella competenze degli apparati burocratici a cui gli organi politici hanno soltanto manifestato approvazione o comunque consenso all’esecuzione; quindi, ne consegue che, comunque, la c.d. “esimente politica” non è applicabile nei casi (come quello all’esame) in cui gli organi politici abbiano esercitato un’attribuzione propria, nella quale i soggetti preposti alle strutture burocratiche abbiano espletato funzioni istruttorie ovvero consultive e comunque di mero supporto strumentale (in senso conforme, ex plurimis, cfr Sez II centr. n. 303/2003, Sez. Lazio n.                           2282/2006, Sez. Lombardia n. 476/2012, Sez. Basilicata n. 127/2008 e n. 56/2013). Conseguentemente, considerato che la definizione degli obiettivi e la verifica dei risultati rientrano nelle competenze proprie del Direttore/Amministratore secondo quanto disposto dall’art. 9 della legge regionale istitutiva dell’ARBEA n. 15/2001, modificata con la l.r.                     n. 14/2005, anche l’ eccezione difensive all’esame va disattesa.
Va poi condiviso quanto rappresentato dall’attore circa la corresponsabilità dei componenti il Collegio dei Revisori (Tardi, Albano e Pellegrino) nella produzione del danno per cui è causa.
Essi infatti hanno preso parte al procedimento che ha portato all’indebita erogazione della parte della retribuzione accessoria, esprimendosi positivamente attraverso il previsto parere obbligatorio, anche se non vincolante, alla erogazione dell’indennità, senza mai rilevare la palese illegittimità dell’erogazione in assenza della predeterminazione degli obiettivi, venendo quindi meno ai compiti di indirizzo e vigilanza propri dell’organo di revisione, il cui contributo causale alla produzione del danno appare quindi indubitabile (in senso conforme, ex plurimis, cfr Corte dei conti Sez. Puglia n. 670/2002,              Sez. Trentino Alto Adige n. 44/2007).
Il danno che è conseguito all’indebita erogazione dell’indennità di risultato ai titolari di P.O.C. riferita agli anni 2008 (€ 20.357,86) e 2009 (€ 16.296,87), va pertanto quantificato complessivamente in                         € 36.654,73; condividendosi poi il criterio di ripartizione dell’addebito proposto dall’attore pubblico, vanno addebitati al Direttore Di Mauro i 2/3 della predetta somma, pari quindi ad € 24.436,49, considerando il maggior contributo causale alla produzione del danno da parte del Direttore a cui  la norma istitutiva dell’Arbea innanzi citata demandava la competenza di fissare gli obbiettivi e  verificare poi i risultati, rispetto ai componenti del Collegio dei Revisori che hanno svolto un ruolo essenzialmente consultivo attraverso l’espressione di un parere che disattendeva il chiaro quadro normativo che regolava la materia, ai quali va addebitato il restante terzo, da ripartirsi in parti uguali; pertanto i convenuti  Tardi, Albano e Pellegrino vanno condannati a risarcire l’Erario nella misura di € 4.072,75 ciascuno.
Occorre passare all’esame dell’ipotesi di responsabilità connessa ai pagamenti dell’indennità di risultato relativa all’anno 2010, che, secondo la prospettazione attorea, va addebitata per due terzi al Commissario/Direttore dott. Freschi, e per il restante terzo ai componenti del Collegio dei Revisori.
Ritiene il Collegio sussistente l’ipotizzata responsabilità, considerato che anche per il 2010 la predetta componente del salario accessorio è stata corrisposta ai titolari di P.O.C., previo parere positivo del Collegio dei Revisori, con decreto del Direttore dott. Freschi n. 87 del 5.5.2011, pur in assenza della necessaria predeterminazione degli obiettivi gestionali riferiti a quell’anno (infatti il dott. Freschi ha provveduto a determinare gli obiettivi riferiti all’anno 2011 con atto dell’1.7.2011).
Tuttavia, nel determinare la misura del danno da risarcire, il Collegio non può non tener conto del particolare e difficile contesto in cui gli odierni convenuti si sono trovati ad operare nell’anno all’esame.
Il  dott. Freschi   ha   assunto   servizio   presso  l’ARBEA  in   qualità di
Commissario   allorquando   buona   parte  dell’anno era  già   trascorso
(1/6/2010), assumendo poi la funzione di Direttore dell’Agenzia dal 26.10.2010.
Il 2010 è stato un anno di particolari difficoltà operative per l’ARBEA; infatti, come si evince dalla delibera della Giunta regionale Basilicata                          n. 233 del 9.2.210 nonché dalla relazione dell’Assessore regionale all’Agricoltura al Consiglio regionale nella seduta del 18.1.2011, lo stato di difficoltà operativa in cui versava l’Agenzia aveva indotto la Regione a nominare una Commissione di vigilanza che aveva evidenziato significative disfunzioni e criticità gestionali; ciò aveva anche comportato in data 12.5.2010 la perdita da parte dell’ARBEA della funzione di organismo pagatore degli aiuti comunitari nel settore agricolo, anche se ha continuato a svolgere provvisoriamente la funzione sino all’ottobre 2010, momento di subentro della Regione stessa e dell’AGEA; in tale periodo ha comunque dovuto perseguire il risultato di scongiurare il paventato rischio di disimpegno automatico connesso all’applicazione della regola comunitaria dell’ “n+2” (disimpegno automatico delle risorse economiche non tempestivamente utilizzate), risultato , quest’ultimo, poi effettivamente conseguito; le difficoltà operative dell’Agenzia erano inoltre state accresciute dalla perdita di ben tre Dirigenti nel corso dell’anno.
La deficienza del modulo operativo, le obiettive difficoltà gestionali ed organizzative – a loro non imputabili - in cui i convenuti si sono trovati ad operare e la mole e gravosità dei compiti svolti nel periodo all’esame, pur non escludendo la sussistenza della colpa grave a carico degli odierni convenuti, sono tuttavia elementi che il Collegio ritiene di dover considerare, ai fini dell’applicazione del c.d. “potere riduttivo” previsto dall’art. 83 del R.D. n. 2440/1923 e dall’art. 52 del R.D. n.1214/1934, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti in materia.
Pertanto il Collegio ritiene di ridurre nella misura del 50% della richiesta attorea (ammontante ad € 16.296,87) il danno relativo all’anno 2010, da ascrivere agli odierni convenuti, che, quindi, va determinato in                            € 8.148,44.
Applicando lo stesso criterio di ripartizione dell’addebito usato per le annualità precedenti (due terzi a carico del Commissario/Direttore, ed il restante terzo da ripartirsi in parti uguali tra i tre componenti del Collegio dei Revisori), per le stesse motivazioni già innanzi esposte, il dott. Freschi va condannato al risarcimento del danno nella misura di                                € 5.432,29, mentre Tardi, Albano e Pellegrino vanno condannati a risarcire l’Erario nella misura di € 905,38 ciascuno.
La domanda attorea relativa alle responsabilità derivanti dal pagamento ai titolari di P.O.C. dell’indennità di risultato concernente gli anni 2011 e 2012 non merita invece accoglimento.
Infatti, il dott. Colangelo, subentrato al dott. Freschi nella funzione di Direttore dell’Agenzia, previo parere positivo del Collegio dei Revisori, ha provveduto al pagamento ai titolari di P.O.C. dell’indennità di risultato concernente il  2011, con decreto n. 70 del 10.5.2012, dopo aver verificato i risultati raggiunti, sulla base degli obiettivi specificamente predeterminati dal precedente Direttore e comunicati a ciascun titolare di P.O.C. con e- mail del 1/7/2011.
Relativamente all’anno successivo, il dott. Colangelo ha prima provveduto, con nota n. 2352 dell’8/5/2012, a confermare gli obiettivi gestionali fissati per il precedente anno, aggiornandoli poi con nota n. 7728 del 12.11.2012; lo stesso Direttore ha poi liquidato il compenso accessorio con decreto, previa verifica dei risultati conseguiti e su conforme parere del  Collegio dei Revisori, con decreto n. 47 del 16.4.2013.
Considerando quindi che, contrariamente a quanto dedotto dall’attore, il pagamento dell’indennità di risultato relativa agli anni 2011 e 2012, è stata disposta previa verifica del raggiungimento di obiettivi predeterminati, ancorchè non del tutto tempestivamente, in quanto fissati solo circa a metà di ciascun anno, ritiene il Collegio che i convenuti vadano mandati assolti relativamente alla parte della domanda attorea in trattazione.
Conclusivamente, i seguenti convenuti vanno condannati a risarcire l’Erario nella misura per ciascuno di seguito indicata:
Di Mauro € 24.436,49;
Freschi € 5.432,29;
Tardi € 4.978,13 (€ 4.072,75 + € 905,38);
Albano € 4.978,13 (€ 4.072,75 + € 905,38);
Pellegrino € 4.978,13 (€ 4.072,75 + € 905,38).
I predetti importi vanno maggiorati degli accessori di legge, come da richiesta attorea.
Il convenuto Colangelo va, invece, mandato assolto.
Conseguentemente, poiché  il  Giudice  contabile, in  caso  di  proscioglimento nel merito,  deve   liquidare l'ammontare  degli   onorari   spettanti   alla  difesa del convenuto prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimersi sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione  (art. 10 bis, comma 10, del d.l. n. 203/2005, convertito    dalla  legge n. 248/2005, nel testo modificato dall’art. 17, comma 30  quinquies  del d.l. n. 78/2009   convertito dalla legge n. 102/2009), occorre  pronunciarsi sulle spese legali  del convenuto mandato assolto.
Visto  il D.M. 10.3.2014   n. 55, concernente il “Regolamento  recante   la determinazione  dei  parametri  per  la  liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 24”, da  applicarsi  in  difetto di accordo  tra le parti, si  liquida  il compenso del difensore del convenuto assolto nella misura di € 2.355,00, fermo restando il diritto al rimborso delle spese previste dall’art. 2, comma 2, del succitato D.M..
Va, infine, rilevato da un verso che la citazione datata 4/2/2014,              chiede che i convenuti siano condannati “al pagamento in favore dell’ARBEA”, e da altro verso che ai sensi dell’art. 2 della legge regionale Basilicata n. 4 del 15/4/2014, l’ARBEA “cessa la sua operatività  il 31 luglio 2014 e le sue funzioni sono assunte dalla Regione……. A far data dal 1 agosto 2014, cessata la gestione commissariale, la Regione subentra in tutte le posizioni                        attive e passive facenti capo ad ARBEA”; conseguentemente                         la Regione Basilicata va  identificata quale creditrice  delle                   somme  relative   alla   presente    condanna    risarcitoria, considerato
che  è subentrata  in tutte  le  posizioni  attive  e  passive   facenti capo    
 ad ARBEA”.
Le spese di giustizia seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La  Corte  dei  conti,  Sezione  Giurisdizionale  per  la Regione Basilicata, ogni contraria domanda ed eccezione respinte:
a) Condanna i convenuti al pagamento in favore della Regione Basilicata delle somme per ciascuno di seguito specificate:
Di Mauro Gabriele € 24.436,49;
Freschi Andrea € 5.432,29;
Tardi Luigi € 4.978,13;
Albano Paolo Antonio € 4.978,13;
Pellegrino Andrea € 4.978,13;
le predette somme vanno maggiorate della rivalutazione monetaria dalla data di ciascun pagamento e sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, nonché degli interessi nella misura legale, decorrenti dalla data di deposito della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo. 
b) assolve  il  convenuto  Colangelo Rocco dagli   addebiti contestati;
c)  liquida le spese legali del convenuto mandato assolto nella misura di € 2.355,00.
d)           Le spese di giustizia seguono la soccombenza e vengono determinate nella misura di € 1.666,81=.       
Euro milleseicentosessantasei/81=.      
Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 21 aprile                   2015.
          L’estensore                                       Il Presidente        
(dott. Vincenzo Pergola)                      (dott. Maurizio Tocca)
F.to Vincenzo Pergola                                F.to Maurizio Tocca

Depositata in Segreteria il 25 MAG.2015
                                            Il Preposto alla  Segreteria della
                                Sezione Giurisdizionale Basilicata   
                                          Maria Anna Catuogno
F.to Maria Anna Catuogno