lunedì 24 maggio 2010

Milano, e il Paese fondato sul pallone.

Quello che ho personalmente visto in piazza Duomo la notte fra Sabato e Domenica lascia esterrefatti. Cose indegne in un Paese che vuole definirsi civile e per una città che è proiettata all'Expo 2015.
Il concetto di legalità che vale per molti ma non per tutti se ai tifosi è concesso ridurre la piazza ad una discarica di vetri, lattine e plastica, di vandalizzare i bidoni della spazzatura e le attrezzature dei cantieri stradali, rovesciare le bici, di ridurre il salotto dei milanesi ad una latrina a cielo aperto.

Centomila persone previste in piazza Duomo e la metro chiusa. Corso Buenos Aires bloccata da auto strombazzanti con il cofano aperto e dentro gente ubriaca e seminuda. E chi, come me, dopo otto ore di lavoro vuole semplicemente tornare a casa usando i mezzi pubblici, è costretto ad aspettare alla pensilina della sostitutiva M1 un autobus che chissà quando sarebbe arrivato se non avessi deciso di arrivare a piedi in piazza Cairoli.

Tutto questo perchè l'Italia è un Paese fondato sul pallone, o per dirla alla latina sul "panem et circences".
A dimostrazione di ciò, ieri, sul principale quotidiano italiano, il Corriere della Sera, e al principale tg nazionale (il TG1 di Augusto Minzolini) sette pagine (e quindici minuti per il tg) erano dedicati alla coppa vinta dall'Inter e NEMMENO UN RIGO, UNO CHE FOSSE UNO, per far memoria della strage di Capaci in cui morirono il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Schifani, Dicillo e Montinaro.

Un Paese che non ha memoria non è un Paese senza futuro?

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